Piazza Affari su del 3,6% poi chiude a +1%, lo spread rifiata

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ROMA – Effetto Monti sui mercati: la Borsa respira e lo spread si riduce, pur restando sopra quota 500. Va bene anche l’attesissima asta dei Bot: certo, i tassi rimangono sempre alti, sopra il 6%, il massimo dall’ottobre 1997, quasi il doppio rispetto a un mese fa. Ma vengono collocati 5 miliardi di titoli e la domanda è due volte l’offerta. La sola ipotesi che l’ex commissario Ue e oggi senatore a vita possa formare un nuovo governo si traduce in una tregua. Almeno per un giorno la speculazione non si accanisce, pare orientarsi altrove, per esempio in Francia.
La giornata dei mercati è comunque un’altalena, il nervosismo è palpabile. Vengono segnalati i consueti acquisti di titoli italiani da parte della Bce. Pesano le fosche previsioni macroeconomiche della Ue e della stessa Eurotower. Allevia un po’ il clima l’opzione Papademos per la guida della Grecia. E dunque, Piazza Affari prima parte in flessione, poi guadagna addirittura il 3%, infine ripiega chiudendo in rialzo dello 0,97%: «Un tentativo di rimbalzo», così lo chiamano gli addetti ai lavori, che gli vale comunque la maglia rosa in Europa. Stesso andamento anche per lo spread, il differenziale di rendimento tra i Btp italiani e i bund tedeschi, il segnale inequivocabile delle tensioni: in apertura, è a quota 554. Più tardi, nel giro di pochi minuti, ecco un balzo fino a 570, seguito da un ripiegamento a 513: nel corso della giornata però scende anche sotto la soglia dei 500 punti. Per Goldman Sachs un governo tecnico verrebbe accolto con un calo del differenziale a 350 punti. Il rendimento del decennale scende comunque sotto la linea rossa del 7% (a 6,89). Arretrano anche gli interessi sui titoli a 5 e 2 anni. L’euro si mantiene intorno a 1,36 sul dollaro.
Ma gli analisti guardano soprattutto al collocamento dei Bot annuali per concludere che il clima sta piano piano mutando: i titoli vanno a ruba; il maxi rendimento era atteso. «L’esito dell’asta è già  un gran segnale», commenta non a caso Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, che nei giorni scorsi aveva lamentato come lo spread rappresentasse un elemento di criticità , se non di pericolo, per il sistema bancario italiano oltre che, naturalmente, per il Paese. Monti per lui è «un amico». «Lo stimo molto», aggiunge.
L’Italia respira, quindi, anche se i suoi problemi sono ancora tutti lì, a cominciare dal Moloch del debito; gli ispettori Ue e Bce continuano a spulciare nei conti nazionali e presto al team si aggiungeranno pure gli esperti del Fmi. Ma la schiarita sul governo è cruciale, come conferma la stessa Christine Lagarde, managing director del Fondo. «La chiarezza politica è ciò che serve, per l’Italia come per la Grecia», dichiara. Come dire: fino a che non ci sarà  in sella un nuovo esecutivo capace di fare le riforme e di assicurarsi la fiducia dei mercati, la situazione non potrà  migliorare in modo sensibile.
Una richiesta univoca di stabilità  politica per l’Italia arriva anche da Washington, Bruxelles, Londra. «Ho l’impressione che il Paese sia sulla strada giusta», concede il Cancelliere Angela Merkel, ricordando che «il tempo stringe». Contemporaneamente il presidente Usa Obama discute gli sviluppi della situazione direttamente con il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, al telefono, e il commissario Ue Olli Rehn giudica Monti «molto competente, un ex collega». Solo il britannico Cameron non fa sconti: per lui, il caso italiano rappresenta ancora «un pericolo per l’Eurozona».


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