“Sono entrati nelle acque territoriali ora è giusto che giudichi Delhi”
GENOVA – «Fra Italia e India c’è una giurisdizione concorrente, quindi i due Stati hanno il diritto e il dovere di giudicare all’interno dei loro confini episodi come questo». Francesco Munari, docente alla facoltà di Giurisprudenza di Genova e uno dei massimi esperti italiani di problemi legati al settore marittimo, non ha dubbi sulla titolarità indiana di giudicare i due marò accusati dalle autorità locali di avere aperto il fuoco contro un gruppo di pescatori, uccidendone due.
Ma non è ipotizzabile un accordo fra stati tipo quello fra Italia e Usa che, dopo la tragedia del Cermis, consentì agli americani di giudicare i militari nel loro Paese?
«No, ho letto di questa ipotesi, ma è una cosa differente. Fra Italia e Usa ci sono accordi fra paesi aderenti a vari trattati, come la Nato, che consentono di giudicare i militari nel loro Paese d’origine, al di là di dove il fatto sia accaduto. Fra Italia e India non ci sono accordi di questo tipo».
Ma qui si era in acque internazionali.
«Il problema è stato proprio quello di aver fatto arrivare lì, nelle acque indiane, la nave. A questo punto un Paese come l’India ha fatto valere la sua potestà giuridica di fermare i presunti colpevoli di un reato a danno di loro cittadini».
Ritiene quindi che non ci siano più margini di trattativa?
«Gli spazi sono soltanto diplomatici. È qui che bisogna compiere il miracolo. Questo non esclude, comunque, che i militari italiani possano essere giudicati in contumacia dall’India. I militari potrebbero anche essere processati in Italia, ma questo non escluderebbe un giudizio in India».
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