Snam, scintille tra Scaroni e Tesoro all’Eni non piace l’ipotesi scissione
MILANO – Lo scontro viene tenuto sottotraccia, ma è destinato a riesplodere nei prossimi giorni. Non appena il Parlamento avrà dato il via libera al decreto liberalizzazioni, in cui saranno scritte le regole per la separazione di Eni dai gasdotti e gli stoccaggi di Snam. Perché la politica si limiterà , con ogni probabilità , a stabilire che Eni dovrà scendere dal 52 a 5% della società delle reti del gas, ma sul come farlo si gioca una partita che coinvolge ben altri attori. E che rischia di costare molto caro alle finanze pubbliche, in particolare alla Cassa depositi e prestiti.
È in questo contesto che è nato il confronto acceso che oppone l’ad di Eni, Paolo Scaroni e Vittorio Grilli, viceministro all’Economia. Quest’ultimo avrebbe allo studio una ipotesi grazie alla quale la separazione proprietaria di Snam da Eni avverrebbe attraverso il meccanismo della scissione. Procedendo in questo modo la Cdp e il Tesoro otterrebbero il 20-21% circa delle azioni Snam senza alcun esborso, in quanto attuali azionisti dell’Eni. E poi la Cdp potrebbe acquistare un altro 8-9% di azioni Snam sul mercato in modo da portare il controllo vicino al 30% spendendo non più di 1,5 miliardi. In capo a Cdp e Tesoro andrebbero anche gli 11,2 miliardi debiti che dovrebbero essere prima garantiti e poi rifinanziati.
Tuttavia è anche abbastanza evidente che questo schema non piace a Scaroni che vorrebbe invece massimizzare il valore della vendita con un incasso secco nell’ordine di 5,5-6,5 miliardi (la capitalizzazione di Borsa di Snam è di 12 miliardi). Soldi freschi che devono servire per fare investimenti e di cui il Cane a sei zampe ha un gran bisogno in questo momento. Il cda, a quanto risulta, si è già espresso a favore di Scaroni e la vendita secca sarebbe la soluzione che piacerebbe di più al mercato. Nell’ipotesi scissione, invece, gli investitori istituzionali che hanno in portafoglio azioni Eni si vedrebbero distribuire azioni Snam e poi dovrebbero decidere se tenerle o venderle.
Tra l’altro vi sono molti dubbi anche sul destino finale di Snam una volta uscita dalla pancia dell’Eni, in un modo o nell’altro. Flavio Cattaneo, ad di Terna, da un po’ di tempo sta cercando di sponsorizzare una società delle reti che nascerebbe dalla fusione tra Snam e Terna (che ieri ha annunciato ricavi stabili a 1,6 miliardi e margini a 1,2 miliardi). Ma la prima ha un valore di meno della metà della seconda e Cattaneo, che ambisce a guidare il polo, ha già chiesto al suo azionista Cdp di finanziargli un aumento di capitale. Un progetto che l’ad di Snam Carlo Malacarne ha bocciato dicendo che non esiste alcuna sinergia nell’integrazione del suo gruppo con Terna. Anzi, Malacarne punta a far diventare Snam un protagonista europeo nelle reti di distribuzione del gas: proprio ieri ha annunciato di aver rilevato per 150 milioni le quote di Eni nelle società che gestiscono i tubi che passano sotto la Manica e portano sul continentale il gas del mare del Nord. Insomma una partita estremamente intricata e che ha sullo sfondo anche un possibile riequilibrio dei poteri all’interno del governo con Grilli che potrebbe diventare ministro dell’Economia a tutti gli effetti nel momento in cui viene scelto il nuovo direttore generale del Tesoro, carica ora vacante, andando a compensare il potere che in questo momento si concentra su Corrado Passera alla guida sia dello Sviluppo economico sia delle Infrastrutture.
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