Un vice-ministro passa con gli insorti Kofi: no all’intervento militare esterno
Ieri, anniversario n.49 dell’avvento al potere del partito Baath, il vice ministro del petrolio Abdo Hussameddine si è dimesso annunciando il passaggio nella fila dell’opposizione e – secondo la tv al Arabiya – altri tre generali dell’esercito regolare siriano hanno disertato. La responsabile umanitaria dell’Onu, Valerie Amos, che sta per terminare la sua missione in Siria, si è detta «devastata» dalla distruzione che ha potuto finalmente verificare di persona in alcuni quartieri di Homs, epicentro della rivolta e della repressione, e specialmente in quello di Baba Amr. L’inviato speciale Onu per la Siria, Kofi Annan, ha ribadito dal Cairo il rifiuto dell’intervento militare straniero in Siria (chiesto dalle petro-monarchie del Golfo e dalla parte di opposizione siriana riunita nel Cns, il cui leader Burhan Ghalioun si è detto «scontento per le posizioni e le dichiarazioni dell’Occidente») perché «renderebbe la situazione in Siria anche peggiore». Annan ha ripetuto l’appello a cessare «immediatamente» le violenze, il cui livello è «inaccettabile». Domani sarà a Damasco e ha assicurato che premerà su Assad perchè’ cerchi una soluzione politica. Posizione condivisa dalla Turchia (e anche dalla Tunisia). Sempre domani al Cairo arriverà il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov per incontrare i rappresentanti della Lega araba. Mosca ha già ribadito che non intende mutare atteggiamento e ha accusato la Libia di addestrare terroristi siriani e «di alcuni paesi vicini». «Sono almeno 15 mila i combattenti stranieri» e, secondo le parole di Mikhail Lebedev, vice ambasciatore russo all’Onu di Ginevra, «attaccano, uccidono, torturano e intimidiscono i civili. Molti militanti sono affiliati con al Qaeda» (Tripoli ha smentito). Si è conclusa la visita dell’inviato cinese a Damasco. Li Huaxin ha presentato una road map in 6 punti al governo e all’opposizione. Un portavoce del Comitato di coordinamento per il cambiamento democratico ha definito «positivo» l’incontro. Sul terreno proseguono le violenze: almeno 56 morti anche ieri in varie regioni del paese, secondo l’opposizione.
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