Senzatetto come antenne wifi l’iniziativa texana che divide

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AUSTIN (TEXAS). All’ultima edizione di “South by Southwest”, una manifestazione dedicata all’innovazione tecnologia, c’era una trovata che ha suscitato forse più interesse di ogni altra: l’impiego dei senzatetto come hotspot per la connessione wifi. La Bbh Labs, il settore innovazione dell’agenzia internazionale di marketing Bbh, ha scatenato un’ondata di critiche e polemiche per aver reclutato tredici residenti di un centro di accoglienza per i senzatetto e avergli chiesto – dopo averli forniti di un dispositivo per la ricezione wifi, alcuni biglietti da visita e una maglietta su cui era stampato il proprio nome (“Sono Clarence, un Hotspot 4G”) – di aggirarsi tra i partecipanti della manifestazione per permettere loro di connettersi a Internet in cambio di un’offerta in denaro.
Tra smartphone e collegamenti ai social network, il pubblico dell’evento eccedeva la capacità  di Rete a sua disposizione: una mancanza a cui la Bbh Labs ha pensato di porre rimedio tramite l’iniziativa “Hotspot senzatetto”, considerata un «esperimento benefico». Ciascun volontario ha ricevuto infatti una paga di 20 dollari al giorno, oltre al denaro ottenuto dai clienti in cambio della connessione wireless.
La notizia però ha suscitato lo sdegno di molti tra quanti ritengono che trasformare degli esseri umani bisognosi in antenne wifi sia avvilente e inumano. Tim Carmody, un blogger che scrive per Wired, ha descritto l’iniziativa «assolutamente problematica», tanto da «sembrare uscita da una sinistra distopia di satira fantascientifica». Sul blog della Bbh Labs, un daytrader ha finto di essere entusiasta dell’iniziativa, salvo poi lamentarsi del fatto che «l’hotspot senzatetto non sta fermo un attimo e mi ha fatto perdere tutte le mie transazioni!».
Lunedì, l’ultimo giorno dell’iniziativa, la Bbh Labs si è vista obbligata a dare spiegazioni. Saneel Radia, il direttore del settore innovazione nonché responsabile dell’iniziativa, ha negato che si potesse parlare di sfruttamento. «Ritenevamo che potesse essere un modo per sensibilizzare le persone e offrire ai senzatetto un’occasione per interagire con altri membri della società  e parlare con la gente», ha affermato. «Essere un hotspot dà  loro modo di raccontare la propria storia».
Mitchell Gibbs, direttore dello sviluppo per Front Steps, il centro di accoglienza che ospita i volontari dell’iniziativa, si è detto stupito delle critiche e ha aggiunto di aver dato alcuni consigli per organizzare al meglio l’iniziativa. La quale, ha aggiunto, ha ispirato nei partecipanti «uno spirito imprenditoriale». «Si tratta di un’opportunità  di impiego, a prescindere da chi la offre», ha detto.
Le “antenne umane”, dal canto loro, non sembravano interessate alle polemiche. Uno di loro, Clarence Jones, di 54 anni, ha raccontato di essere originario di New Orleans ed essere diventato senzatetto nel 2005, in seguito all’uragano Katrina. «La gente pensa che io sia stato sfruttato, ma a me non sembra», ha detto. «Mi piace parlare con la gente, e si è trattato comunque di lavoro. Un’onesta giornata di lavoro retribuito».
I detrattori dell’iniziativa hanno invece sparato a zero sulle differenze che separano i senzatetto nullatenenti e i loro clienti: degli smanettoni totalmente assorti dalla Rete. Adam Hanft, amministratore delegato di Hanft Projects, un’agenzia di consulenza per il marketing, ha affermato che benché sia nata da buone intenzioni, l’iniziativa sembra aver del tutto ignorato quelle differenze. «Già  esiste la diffusa sensazione che la comunità  Internet sia ormai così assurdamente presa da se stessa da non rendersi conto che esiste un mondo al di là  della Rete», ha aggiunto.
(Copyright New York Times – La Repubblica.
Traduzione di Marzia Porta)


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