Verde, hi-tech e interattiva è la cabina telefonica 2.0
Sarà hi-tech, multimediale, green, intelligente, connessa, 2.0, interattiva. Prendete a caso un aggettivo che contenga un’idea di futuro e le starà bene. Perché nella nuova super cabina telefonica che Telecom inaugurerà a Torino il 2 aprile si potrà navigare su Internet, inviare email, ricaricare il cellulare e l’auto elettrica, inserire un annuncio di affitto, fare un tour virtuale della città . Volendo, anche telefonare. L’ultima metamorfosi della cabina pubblica è anche quella che potrebbe strapparla a un destino di sicura rottamazione, ridotta com’è oggi a semplice arredo urbano. Poco utilizzata, preda di vandali e senzatetto, dimenticata.
Sarà Torino a rilanciarla, dunque. Il prototipo di ultima generazione, una struttura ad arco aperta su due lati e pannelli fotovoltaici sul tetto che occuperà più o meno lo stesso spazio di una vecchia, sarà installata davanti al Politecnico, nel piazzale Duca D’Aosta. In pratica è un ricettacolo di tecnologia sorto attorno a una cornetta. Ha due monitor touch screen. Uno è esterno, servirà da spazio pubblicitario e da punto informativo gratuito per i turisti. Su quello interno si accede, a pagamento, a diversi servizi. Navigare con la banda larga, mandare email e sms, leggere i giornali elettronici. Non solo. La cabina è anche un punto wi-fi e ha i cavi per ricaricare la bici o l’auto elettrica. E, soprattutto, può essere personalizzata con applicazioni a seconda del luogo dove è posta.
Dall’università lì davanti, infatti, è arrivata l’idea, discussa in rete sul portale torinosmartcity.csi.it, di trasferirvi la bacheca degli annunci degli studenti. Affitti, scambio libri, ripetizioni e altro, saranno inseriti e consultati anche da lì. «È un primo passo verso l’idea della città del futuro a cui stiamo puntando – spiega Enzo Lavolta, assessore all’Innovazione di Torino – nel territorio comunale abbiamo 700 telefoni pubblici, la maggior parte è messo male, alcuni raccolgono ancora 1800 euro all’anno. Da qui l’idea di rilanciare le cabine, accolta e realizzata da Telecom e dalla società Ubi Connected». Tanta tecnologia all’aria aperta sarà protetta da microcamere interne ed esterne, che registrano immagini h24 e fungono quindi da presidio per la zona circostante. Tant’è che i video potranno essere visionati dalla polizia. Ma quante ne vedremo, di queste super cabine?
Si parte con un prototipo a Torino, poi la sperimentazione si sposterà a Catania e in alcune località turistiche non ancora definite. Il modello seguito è quello dei “MIKE” (My Internet Kiosk Everywhere), punti multimediali connessi alla rete che a New York prenderanno il posto dei telefoni pubblici nel giro di qualche mese. Nei prossimi giorni Telecom lancerà un “contest”, una gara di idee per coinvolgere studenti e sviluppatori nella individuazione di quali applicazioni dovrà avere la super cabina. Quella di Torino davanti al politecnico, ad esempio, avrà caratteristiche diverse da una posta in una località di mare.
Dal successo che avrà o non avrà («ma siamo certi che funzionerà », dicono alla Telecom), dipenderà il futuro delle 103 mila cabine ancora in funzione sul territorio. Nel 1990, prima dell’era dei telefonini, erano 233 mila. L’operazione a cui sta lavorando l’azienda, d’accordo con l’Agcom, è la dismissione di quelle “sottoutilizzate” a scaglioni di 30 mila l’anno (escluse quelle in punti di interesse pubblico, come ospedali, scuole, caserme). Il 54 per cento delle cabine viene utilizzato per tre telefonate al giorno. Il 27 per cento per appena due. Ma all’azienda costano 84 milioni di euro di manutenzione ogni anno. Troppo. Meglio toglierle, o trovare un’alternativa.
Certo, le foto dei prototipi sfuggite al mandato della riservatezza imposto da Telecom sembrano uscite da Blade Runner. Rimane poco di quel rifugio squadrato, magari un po’ sgangherato, ma dove per anni la gente ha comunicato, proteggendo le proprie parole dalle orecchie altrui. Mai veramente cool come quelle rosse a vetri di Londra, ma comunque un pezzo di amarcord per tutti quelli che non sono nati con un cellulare in mano. Storia comune che oggi deve essere reinventata.
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