Tomà¡s Borge, contraddittorio e imprescindibile

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Aveva 81 anni. Figlio naturale di un proprietario di farmacia, era nato nella città  settentrionale di Matagalpa, nel 1930, solo pochi anni prima dell’assassinio di Sandino (1934) per mano della Guardia nazionale somozista. Studente di legge entrò in contatto con Carlos Fonseca Amador (anch’egli di Matagalpa), il principale architetto del Fronte sandinista di liberazione nazionale che insieme avrebbero costituito qualche anno più tardi, nel ’61. Nel ’56 il primo arresto (con annesse torture), dopo l’assassinio di Anastasio Somoza. Libero nel ’58, da allora fino alla entrata trionfale del Fsln a Managua, il 19 agosto 1979, la vita di Borge fu scandita dalla prigione (’77-’78), l’esilio (fra l’altro a Cuba, nel ’60, dove ricevette addestramento militare e orientamento ideologico da Fidel e dal Che) e la clandestinità  della guerra di liberazione (a partire dal ’61). Dopo la fuga di Anastasio jr, nei 10 anni di governo del Fronte e fino alla inattesa sconfitta dei sandinisti nelle elezioni del febbraio ’90 (vivamente sconsigliate da Fidel), Borge, che nella lotta per la presidenza fu spiazzato dal più abile e manovriero Daniel Ortega, fu il poderosissimo ministro degli interni. Amato e odiato, venerato e inviso, implacabile e generoso, dogmatico e accomodante (fra l’altro perdonò pubblicamente il suo torturatore). Dopo un decennio che sembrava sfolgorante e che prometteva «una nuova Cuba» in Centramerica, il sogno fu spezzato grazie alla «guerra sporca» pagata da Reagan e fatta dai contras. Finì male, con il brutto ricordo della «pià±ata», l’arraffa-arraffa finale dei leader sandinisti prima di cedere il potere alla signora Violeta Chamorro.
Quella fu anche la deriva e, in sostanza, la fine del sandinismo. Il Fsnl si divise in rivoli rabbiosi e anche quando Daniel Ortega riconquistò il potere, nel 2006, fu (è) tutta un’altra cosa. Borge, uno di quelli che restò fedele a Ortega, fu il simbolo delle contraddizioni del sandinismo. Fu anche scrittore e poeta, autore di un bel libro intitolato «La paziente impazienza», ma anche di un libro incredibilmente agiografico del presidente messicano Salinas de Gortari, l’uomo che con il Nafta svendette il Messico agli Usa. Però il Nicaragua del decennio sandinista, con tutti i suoi limiti ed errori, fu un fuoco di allegria e di speranza. E a noi piace ricordare il Tomà¡s Borge di quel Nicaragua.


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