Draghi: “Basta con le tasse” Giarda promette: “Sì agli sgravi grazie alla spending review”

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BARCELLONA – Meno spesa corrente e meno tasse, anche sul lavoro. Mario Draghi pungola i governi a porre la crescita “al centro dell’agenda” perché creare occupazione “è cruciale”. Li sollecita a darsi “una disciplina comune” anche su questo, così come si è fatto per i bilanci pubblici. Gli chiede di individuare un “percorso” condiviso – un “path”, così lo chiama – per capire cosa deve essere l’euro nei prossimi dieci anni. In concreto, per il presidente della Bce, realizzare quel “patto per la crescita” più volte invocato, significa sì riforme e liberalizzazioni ma soprattutto una sforbiciata alla spesa improduttiva e a tutta la tassazione. E subito da Roma pare rispondergli Piero Giarda, il ministro che sta mettendo a punto la sospirata “spending review”. Le risorse che arriveranno dall’eliminazione degli sprechi – ecco la novità  – saranno indirizzate «al servizio di una riduzione del prelievo fiscale per alleviare le condizioni di vita dei soggetti in condizioni di difficoltà  economica». 
Meno balzelli, perciò, una pressione che si giustificava “nei momenti dell’emergenza” e che ora “va corretta”. Draghi loda il governo Monti che ha fatto “ragguardevoli progressi”. Dice che “merita di essere incoraggiato, nei suoi sforzi”: il consolidamento dei conti “è stato sostanziale”, l’Italia adesso “è davvero sul sentiero giusto”. “Fiducia” anche il governo spagnolo che ha agito con “rapidità ” di fronte alla crisi: ora servono riforme ” più ambiziose” e soluzioni per le banche. E soprattutto, ci tiene a rassicurare gli scettici, quelli che pensano che troppo rigore finirà  per fare più male che bene ai paesi in crisi: “La crescita non è in contraddizione con il consolidamento fiscale” che anzi, va portato avanti “con perseveranza”. Lui contribuisce a dare un po’ di ossigeno all’economia lasciando i tassi invariati all’1%, il minimo storico.
Il presidente della Bce parla a Barcellona. Due volte l’anno, per tradizione, il board dell’istituto si tiene fuori Francoforte: stavolta si è riunito qui, in Spagna, uno dei paesi più martoriati dalla recessione. E’ presente il Commissario Ue, Olli Rehn. Per l’Italia c’è il governatore, Ignazio Visco: anche lui, come Draghi, pensa che la crescita sia centrale e che le riforme avviate dal governo ne siano il presupposto. Tutto intorno, una città  blindata: 8 mila poliziotti controllano le strade, i tetti e perfino le fogne. Si mescolano nel corteo degli studenti universitari, impedendogli di raggiungere la “zona rossa”. Tengono sott’occhio la grande manifestazione di protesta del pomeriggio. Per meglio proteggere gli ospiti, che cenano col capo del governo spagnolo, Mariano Rajoy, all’aeroporto viene sospeso il trattato di Schengen. Ci sono 17 arresti ai confini con la Francia, 43 attivisti respinti perché già  registrati come manifestanti violenti, 240 mila controllati. 
E’ la prima volta che Draghi spiega nei dettagli, cosa vuol dire un patto per la crescita. E’ la prima volta che suggerisce di avere regole e percorsi precisi – un path, appunto – per l’euro del domani, come si è già  verificato quando è nata la moneta unica. Quello che accade “nel mezzo” dipende “dagli attori” e dunque dai governi. Nella sua visione ci sono alcuni temi comuni che vanno affrontati tutti insieme. Bisogna per esempio completare il mercato unico, liberalizzare, innovare. O anche riformare il mercato del lavoro puntando a ” flessibilità , mobilità  ed equità “. Va rafforzata l’azione della Bei per gli investimenti in infrastrutture. E’ importante un diverso utilizzo dei denari Ue per le aree a basso reddito. Sempre e comunque, superata la fase acuta della crisi – oggi s’attende una ripresa graduale ma gravida di rischi al ribasso e di incertezze – è meglio ridurre la spesa corrente che non aumentare le tasse: il percorso contrario va senz’altro corretto.


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