Diritto europeo e concorrenza: le violazioni della Bce

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Va chiarito che l’unico principio all’interno dell’Europa che sembra orientato a esprimere una dimensione democratica è il principio di coesione economico sociale (quale paradigma dei diritti sociali). Tale principio, seppur tra mille contraddizioni, va considerato quale vero e unico principio «costituzionale» europeo, dal valore prescrittivo e non meramente programmatico, tale da costituire il presupposto di un ampio concetto di partecipazione alla convivenza sociale, politica ed economica. Questo principio, finora assolutamente disatteso, deve essere messo in grado di attivare politiche pubbliche tese a realizzare un governo europeo dei beni comuni, in contrapposizione al modello mercantile e concorrenziale che sempre più spesso viene utilizzato quale paravento a scelte di politiche pubbliche. Tutte le norme relative alla privatizzazione sono state intese, con estrema ipocrisia, come «comunitariamente necessarie», ovvero norme alle quali il nostro legislatore, per non violare il diritto comunitario, non si sarebbe potuto sottrarre. Tuttavia la battaglia fondativa del diritto pubblico europeo dell’economia, per dimostrare l’esistenza in ambito europeo di un quadro di principi non a senso unico, ovvero non tutti orientati al mercato, alla concorrenza e al saccheggio dei beni comuni, inizia a raccogliere, seppur tra mille ostacoli, i primi frutti. Intanto con il riconoscimento del fondamento giuridico del principio di legalità  comunitario, immaginando atti che non si muovano totalmente al di fuori dei processi democratici. A questo principio non può sottrarsi la Bce, incaricata all’attuazione della politica monetaria e del mantenimento stesso dell’equilibrio finanziario dei Pesi aderenti. Banca dotata di personalità  giuridica autonoma, ai sensi del diritto pubblico internazionale, la Bce ha adottato, in maniera illegale e illegittima, misure fuori dall’ordinario. Per esempio lo stanziamento di fondi, tramite aste a tasso fisso e a piena aggiudicazione, con scadenza a 36 mesi, e l’abbassamento temporaneo del coefficiente di riserva obbligatoria dal 2 all’1 per cento. Le più recenti iniziative adottate dalla Bce nei confronti della crisi internazionale violano il seppur debole diritto pubblico europeo dell’economia (come anche riconosciuto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 24 del 2011 di ammissibilità  del quesito referendario contro la privatizzazione dell’acqua) che sancisce i diritti fondamentali quale fattore irrinunciabile di tutela sociale e territoriale ed elemento imprescindibile della coesione europea (eguaglianza sostanziale). In questa visione la regola della concorrenza sarebbe limitata dal raggiungimento dei fini sociali e dal rispetto dei valori fondanti dell’Unione, quali lo sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività  economiche, la solidarietà , l’elevato livello dell’occupazione e la protezione dell’ambiente, della salute, dei consumatori. Ma non è mai stato così. In questo quadro di illegalità  diffusa è importante, inoltre, leggere il ruolo della Bce anche alla luce dell’attuale crisi strutturale, che mette a nudo la fragilità  e i limiti delle istituzioni europee, quali modelli calati dall’alto e quindi inadeguati, oggi più che mai, a essere espressione di democrazia rappresentativa, partecipativa e diretta. È necessaria, dunque, una forte azione di dissenso e di rottura con il passato, in grado di provocare una decisa inversione di rotta rispetto a quella «dottrina dominante» che continua a recitare, con interpretazioni aggressive illegali e illegittime, la liturgia dell’assoluta prevalenza del diritto europeo della concorrenza, non soltanto nei confronti del diritto pubblico europeo, ma altresì rispetto ai principi fondativi della nostra Costituzione. L’Europa può rinascere solo attraverso processi di mobilitazione e di affermazione di principi decisamente antiliberisti, che pongano al centro del confronto politico il lavoro, lo Stato sociale ed i beni comuni. * Ordinario di Diritto Pubblico, Università  di Napoli Federico II


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