«Rivoluzione pacifica, ma senza dispense e indulgenze»

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Poi, negli anni più tardi della Repubblica romana, il Senato cominciò a dispensare taluni dall’osservanza delle leggi; e quando alla Repubblica subentrò infine il Principato, i privilegi divennero il più importante strumento di governo. (…)
Il diritto romano diventò pertanto instabile, cangiante (…) Comincia perciò l’epoca feudale, dove ogni regola si converte in deroga, dove tutto è privilegium: quello distribuito dal sovrano ai suoi vassalli, così come le indulgenze somministrate dalla Chiesa. È la società  delle corporazioni, ciascuna con le proprie leggi, con i propri tribunali. (…) È su quest’intelaiatura, perpetuata nei secoli dell’Ancien Régime, che nel 1789 s’abbatte il vento della Rivoluzione. Le parole degli enciclopedisti francesi, la lotta dei borghesi contro l’aristocrazia e il clero ebbero infatti un unico obiettivo: disboscare la selva di privilegi che rendeva ogni uomo avverso all’altro uomo, restaurare l’idea dell’eguaglianza. Insomma la fraternité, la fratellanza, in luogo dell’inimicizia.
Ma in Italia gli ideali illuministici non hanno mai attecchito. Qui ha messo radici viceversa una cultura papalina, oscurantista, nemica del progresso. Non abbiamo più l’Impero, anche se a giorni alterni si propone qualche nuovo imperatore. Non esistono più ducati e principati, la polvere dei secoli ha sommerso i comuni medievali, però dovunque rintocca il campanile. C’è un’unica bandiera che sventola sopra i nostri tetti, da 150 anni c’è uno Stato, ma non c’è ancora un popolo italiano. C’è piuttosto una ragnatela di gruppi, di lobby, di fazioni. Di caste, per dirla con una parola di gran moda. (…)
Per sbloccare il Paese servirebbe una riforma; tuttavia il potere delle corporazioni blocca ogni riforma. Sicché non resta che la rivoluzione. Pacifica, ordinata; ma senza dispense né indulgenze, senza salvacondotti per i vecchi vassalli e valvassori. Di eccezioni, fin qui, ne abbiamo sperimentate troppe. Ora è il tempo della regola.


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