Marcel Proust Alla ricerca della Recherche

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Nell’autunno del 1890, Marcel Proust, diciannove anni, può finalmente inoltrarsi nel suo destino di scrittore, cominciando a collaborare a Le Mensuel, rivista creata in ottobre da un compagno di classe del Lycée Condorcet che riuscirà  a tenerla in vita per un anno. Finora l’impaziente Marcel ha riempito pagine di giornaletti scolastici,
LaRevue vertee La Revue lilas, tutte ricopiate a mano da lui e dai compagni del liceo parigino o riprodotte con la carta carbone. Mai una pagina stampata. La magia comincia col numero di novembre e continua ininterrotta sino al settembre del 1891: undici testi, tra regolari rubriche — moda, music-hall, arte — e interventi estemporanei, uno solo firmato, gli altri siglati M. P. o con pseudonimi bislacchi, De Brabant, Bob, Fusain, Y o il femminile Etoile filante, secondo un vezzo poi mantenuto sulla stampa periodica dove Proust si sminuzzerà  (o travestirà ) in Bernard d’Algouvres, Horatio, Marc-Antoine, à‰cho, Laurence, Dominique o, semplicemente, D.
Già  individuati da Jean-Yves Tadié nella fondamentale biografia Gallimard Marcel Proust (1996), gli scritti d’esordio sono ora raccolti e pubblicati per la prima volta nella loro integralità , a novant’anni esatti dalla morte dello scrittore, in un volumetto prezioso, Marcel Proust — Le Mensuel retrouvé (Editions des Busclats).
L’appassionato avrà  già  assaporato, in Ecrits de jeunesse del-l’Institut Marcel Proust, poi in Scritti giovanili  (Mondadori ’92), tre di queste prime prove, due siglate M. P. e l’unica firmata per esteso: lo spumeggiante Pendant le Caràªme (Tempo di Quaresima), una poesiola assai mediocre (è la prosa la poesia di Proust) e lo stupendo
Choses normandes, struggente annegamento della scrittura nella descrizione dell’adorato orizzonte marino d’infanzia, comunione pà nica con la natura che annuncia il primo Camus di L’Envers et l’Endroit o si fonde — misteri della poesia — con il sentimento leopardiano dell’Infinito (lo stesso dolce «naufragar», nel mare di Normandia come nelle vallate marchigiane). Ma il resto del libricino è una rivelazione. Di humour (sottolineato in un’intelligente lettura di Robin Renucci alla Reid Hall), di malizie, di snobismi, di colti crogiuoli: il trionfo dell’enfant gà¢té.
Che, avendo alle spalle un agiato focolare e una madre fin troppo affettuosa, può razzolare liberamente, con le maniere richieste, negli ambienti più esclusivi della capitale, traendone gracili cronachette o sontuose sinfonie descrittive. Ancor oggi invidiabile il garbo maligno nei resoconti di moda, dove Proust, alias Etoile filante, s’insinua sensualmente in stoffe, trine, velluti, vigogne, di cui ci restituisce la sensazione tattile ma anche la colpevole fatuità  d’un lusso di stagione. Nei Salons,
molto tradizionalista, si limita a scodinzolare attorno ai modaioli d’importazione come Giovanni Boldini o agli accademici di grido, come il «suo» Jacques-Emile Blanche, che lo schizza a matita ventenne e, l’anno dopo, lo immortala in un olio che diventerà  il suo ritratto di Dorian Gray.
Ma la gemma è Souvenir, primissimo racconto di Proust (a firma Pierre de Touche) e ultimo scritto sull’ultimo numero di Le Mensuel: l’incontro lacerante, tanti anni dopo, con una giovane da sempre amata, un tempo bellissima, ora corrosa dalla malattia che l’ha raggelata a icona mortuaria, gemella dei tanti ritratti funerei fin de siècle o delle donne-spettro di Poe, di cui Proust era stato da ragazzo assiduo lettore. L’eco di letture sterminate si ricompone qui in fervida fucina letteraria. La ghiaia calpestata stride  («grince») come vuole la sonorità  verbale dell’idolo Théophile Gautier  («les poulies grinà§aient»). La donna ha smesso di essere «lesta e gaia» come lo erano le api («alerte et gai comme une abeille») di Alphonse Daudet, conosciuto dal giovane Proust anche attraverso il figlio dello scrittore, suo compagno di scuola. Ma scrollandosi di dosso muffe e languori fine Ottocento, il suo vocabolario sa impreziosirsi del francese cinquecentesco, replicando nel giro di poche righe, con identiche folgorazioni espressive — «son teint» e «pourpré», carnagione e color porpora, là  riferiti alla rosa, qui al viso della donna e ai raggi del tramonto — i rintocchi funebri di Ronsard sulla bellezza femminile che va appassendo come un effimero fiore. Il futuro di Proust — la sua Recherche â€” è in embrione in questo Souvenir onirico, nella proiezione in un tempo lontano, deteriorato e spento, d’una luminosa realtà  del passato: il futuro come stato di colpa, per aver infranto ogni incanto, costringendo la vita a un’eterna ricerca del tempo perduto.


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