Primarie Pd, solo 7 deroghe per gli “elefanti”

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ROMA â€” Tutto di corsa. Stasera la bozza di regole; domani la ratifica in Direzione e le deroghe agli “elefanti” – i leader di lungo corso -; il 29 e il 30, alla vigilia del Capodanno più frenetico dei Democratici, le primarie per i parlamentari. Dalla Romagna fanno sapere che almeno un candidato a proprio agio in tanta velocità  c’è: Josefa Idem, la canoista olimpica, sta pensando di correre alle primarie del Pd a Ravenna. Ma è tutto un rincorrersi di nomi, di polemiche e soprattutto di numeri.
I numeri. Saranno non più di 6/7 le deroghe agli “elefanti”, a quei dirigenti democratici che, per Statuto, non sono più candidabili perché hanno oltre 15 anni di legislature. A chiedere il lasciapassare sulla carta dovevano essere una trentina, ma molti hanno fatto il famoso passo indietro (D’Alema, Veltroni, Castagnetti, Turco, ora anche Anna Serafini). Le richieste saranno presentate da Rosy Bindi, la presidente del partito; Beppe Fioroni, leader dei Popolari; Gianclaudio Bressa; forse da Franco Marini; da Anna Finocchiaro, la presidente dei senatori (convinta da Bersani). Tra 80 e 100, i componenti del “listino riservato”, che Bersani sceglierà  in base a competenze, società  civile e rappresentanza femminile. Il segretario democratico vorrebbe vi facessero parte personalità  come Gustavo Zagrebelsky, Carlo Galli, Massimo D’Antoni, Miguel Gotor, e alcuni politici (Migliavacca, Enrico Letta, Franceschini, Donatella Ferrante) più Alessandra Moretti, Tommaso Giuntella, Roberto Speranza che hanno coordinato le primarie per Bersani candidato premier. Chi è nel listino non deve gareggiare alle primarie. E qui, scoppia la polemica; i t/q (trenta/quarantenni) vanno all’attacco.
Matteo Orfini, responsabile Cultura del partito, che si candiderà  alle primarie a Roma-città  (come Stefano Fassina), chiede che la lista bloccata sia solo per la società  civile. Gli altri – parlamentari ricandidati, dirigenti, derogati – «si misurino con le primarie». Senza eccezioni. L’ultima parola spetta alla Direzione di domani. Lì Orfini formalizzerà  la sua proposta, appoggiato da Pippo Civati, che apre un altro fronte: «Le primarie si facciano all’Epifania, lo chiedono gli stessi volontari sotto pressione». Secondo la bozza delle regole, i parlamentari uscenti non hanno bisogno di firme per candidarsi. Anche se Andrea Orlando, responsabile Giustizia, le sta raccogliendo ugualmente. Le liste dei candidati saranno su base provinciale; possibile la doppia preferenza ma di genere. Matteo
Renzi (che non sarà  in Direzione domani) sta lavorando per individuare una rosa di suoi disposti a competere: Reggi (a Piacenza); Richetti (a Bologna); Rosa Di Giorgi
(a Firenze); Scalfarotto. Poi ci sono i parlamentari renziani in gara: Ichino, Adinolfi, Ceccanti, Recchia, Sarubbi, Vassallo, Giachetti. Gentiloni forse, ma è candidato sindaco di Roma. C’è un “caso Lazio”: gli ex consiglieri regionali (non ricandidati alla Regione dopo lo scandalo sui rimborsi elettorali), sono pronti alle primarie. Fioroni scrive su twitter: «Sto preparando le primarie». Idem Vinicio Peluffo: «Lavoro alle primarie del Pd». Un’altra partita deroghe riguarda i sindaci: quello di Livorno, Alessandro Cosimi la chiederà . In Emilia, Errani non si candida, né il segretario regionale Stefano Bonaccini.


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VOTI A PERDERE

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Il più sguaiato dei tribuni e il più felpato degli editorialisti di questi tempi hanno una cosa in comune. Si lamentano che i politici, tutti, non lavorano abbastanza. Bene. Per una volta possono darsi pace, dando uno sguardo ai calendari della camera e del senato. Stanno lavorando. Per la precisione stanno votando a testa bassa un decreto via l’altro, una fiducia e un’altra ancora. Questo è il «lavoro» che è ridotto a fare il parlamento, e dovrà  farlo per tutto luglio e anche agosto. Il presidente della Repubblica che con altri governi tuonava contro l’eccesso dei decreti e delle fiducie e che, con i tecnici già  in sella, aveva promesso «un vaglio rigoroso», non interviene. Anzi, quando interviene lo fa per rimproverare il parlamento e respingere ogni critica al governo.

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