Un’altra fumata nera per il budget americano

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NEW YORK — Ancora una fumata nera dalla cupola di Capitol Hill a Washington: nessun accordo sul «fiscal cliff», ma si continua a trattare. Il Senato tornerà  a riunirsi oggi alle 11, nell’ultimo giorno utile per evitare che l’economia americana cada in un baratro fiscale, per effetto dell’aumento delle tasse (in media 3.500 dollari in più all’anno per famiglia) e del taglio della spesa pubblica. Tra le ricadute possibili: turni di cassa integrazione per circa 800 mila lavoratori del Pentagono; riduzione del 26,5% dei pagamenti per l’assistenza medica a favore degli anziani (Medicare).
La giornata inizia con un certo ottimismo, ma nel primo pomeriggio (tarda sera in Italia) i due capigruppo del Senato, il repubblicano Mitch McConnell e il democratico Harry Reid, sospendono il negoziato, presentandosi direttamente in aula. La sera prima McConnell aveva di fatto preso in contropiede gli interlocutori chiedendo di rivedere il meccanismo di adeguamento delle pensioni al tasso di inflazione. Traduzione: una sforbiciata agli assegni pagati dalla Social security. Ecco come si è espresso il leader repubblicano dai banchi del Senato: «Stiamo aspettando una risposta alla proposta che abbiamo presentato ieri sera (sabato ndr). Sono ancora convinto che si possa trovare un accordo, ma per ballare ho bisogno di un partner». Un minuto dopo la risposta del democratico Reid: «Non ci sarà  un accordo che comporti la riduzione della Social security. E in questo momento non siamo in grado di fare una controproposta».
Poche ore dopo, però, lo strappo si rivela più una manovra tattica che il segnale di un catastrofico fallimento. Intanto il presidente Barack Obama continua a incalzare fino a tarda sera i repubblicani con una serie di dichiarazioni, sempre più irritate. McConnell in qualche modo tampona anche questo fronte, telefonando al vice presidente Joe Biden per chiedergli di agevolare la ripresa dei colloqui. E il vice presidente per qualche ora diventa il perno di una triangolazione telefonica tra lo stesso McConnell e Reid.
Il lavorio diplomatico sotto traccia si concretizza con una nuova correzione di rotta. È ormai sera a Washington quando il senatore John McCain (già  candidato nel 2008 contro Obama), uscendo da una lunga riunione del gruppo repubblicano, comunica che la proposta McConnell su inflazione e pensioni è di fatto ritirata. Un’apertura subito valorizzata dai democratici e così in serata il «toto-accordo» torna a puntare verso «il moderato ottimismo» ostentato, almeno a uso delle telecamere, dalla gran parte dei senatori, oltreché, naturalmente, da Obama.
A quel punto la discussione ritorna sul passaggio chiave: il limite di reddito oltre il quale consentire l’aumento delle tasse. Ufficialmente Obama e i democratici tengono ferma la soglia di 250 mila dollari di reddito all’anno. I repubblicani sembrano disposti a ragionare su un’ipotesi di 400 mila dollari (o dintorni).
Si vedrà  stamattina. In caso di fallimento dei negoziati, Obama ha già  chiesto a Reid di far mettere ai voti al Senato un piano di emergenza imperniato su due punti: invarianza fiscale per i redditi sotto 250 mila dollari e conferma del sussidio per 2,1 milioni di disoccupati.


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