Lo stratega della guerra dei droni capo della Cia

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Con una lunga esperienza nei teatri più difficili, in grado di parlare l’arabo, sangue irlandese, Brennan è sempre stato in perfetta sintonia con il presidente che lo avrebbe voluto alla testa degli 007 già  nel primo mandato. Progetto saltato per vecchie dichiarazioni del funzionario — poi corrette — sull’uso della tortura contro i qaedisti. Brennan si è dovuto «accontentare» della posizione di consigliere antiterrorismo, un ruolo che gli ha dato un ufficio nella Casa Bianca e — vantaggio non da poco — un accesso diretto ad Obama. Raccontano anche che in virtù di questa posizione (e della fiducia del boss) Brennan abbia scavalcato spesso l’ultimo direttore, il generale David Petraeus, costretto alle dimissioni per lo scandalo dell’amante. Il nome di Brennan è legato al programma dei droni, all’uccisione di Bin Laden e alla strategia anti Qaeda. È infatti considerato l’architetto dei raid affidati ai velivoli senza pilota della Cia che hanno colpito dalla Somalia al Pakistan mietendo quasi 3.000 mila terroristi ma anche molti civili. È spesso Brennan, insieme al presidente, a decidere chi deve vivere o morire esaminando la lista dei bersagli. I bene informati sostengono che in realtà  Brennan ha frenato, in molti casi, le incursioni dei Predator. E aggiungono che vorrebbe trasferire queste operazioni dalla Cia all’aviazione. Ma alla base resta la convinzione che l’arma migliore contro i nemici degli Usa sia la guerra segreta dove contano team scelti, tecnologia, pragmatismo, decisione. E tanta fatica. Brennan è famoso per essere un lavoratore instancabile come lo stesso Obama ha sottolineato con una battuta: «Non so se in 4 anni abbia mai dormito». Ora di tempo ne avrà  ancora meno.


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  Foto: Giornalettismo.com

Chi ha voluto la morte di Anna Politkovskaja è ancora un mistero, ma lo scorso 14 dicembre la giustizia russa ha dato un volto ad uno dei colpevoli dell’omicidio della giornalista della Novaja Gazeta assassinata nell’ascensore del suo palazzo il 7 ottobre del 2006 a Mosca. Si chiama Dmitrij Pavlyuchenkov è un ex poliziotto ed è stato giudicato colpevole per aver procurato l’arma del delitto e per aver pedinato la giornalista, famosa in tutto il mondo per i suoi reportage sugli orrori e gli abusi compiuti dalle truppe federali russe durante la guerra in Cecenia.

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