Droghe, la parola alla Corte

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La proposta di Gianfranco Fini fu presentata nel 2003, ma vide la luce solo nel 2006 grazie a un colpo di mano del sottosegretario Carlo Giovanardi: il disegno fu trasformato in maxi emendamento, inserito nel decreto legge dedicato alle Olimpiadi invernali di Torino.
L’opposizione fu tenace e incalzante, in Parlamento e nel Paese. Fu sconfitta solo per uno stupro istituzionale e per la latitanza del Quirinale.
Sul mensile Fuoriluogo vennero poste le questioni di legittimità  costituzionale: per la prima volta il legislatore cancellava la volontà  espressa dai cittadini nel referendum del 1993 a favore della depenalizzazione del possesso di sostanze stupefacenti per uso personale. Furono anche segnalate due altre gravi lacerazioni costituzionali rispetto ai principi del giusto processo e delle competenze regionali. Alcune Regioni sollevarono la questione di legittimità  costituzionale per le norme che ledevano la loro autonomia legislativa e organizzativa. L’Emilia-Romagna denunciò l’inserimento strumentale delle misure antidroga nel decreto Olimpiadi, che configurava, già  di per sé, «un autonomo vizio di costituzionalità ». Tale rilievo non si traduceva tuttavia nella specifica denuncia della violazione dell’art. 77 della Costituzione, poiché all’epoca la giurisprudenza della Consulta non si era ancora consolidata nel senso della possibilità  di verificare i requisiti di «necessità  e urgenza» dei decreti legge anche dopo la conversione.
Dopo le pronunce della Corte del 2010 e del 2012, le condizioni sono mutate: le sentenze hanno dettato criteri vincolanti per l’approvazione dei decreti legge, stabilendo in particolare il divieto per il Parlamento di inserire disposizioni estranee all’oggetto e alle finalità  del testo originario del decreto di urgenza. Un gruppo di lavoro, coordinato da Luigi Saraceni, ha messo a punto un documento di analisi legislativa e di ricostruzione storica della vicenda, predisponendo una sorta di modello per sollevare davanti all’Autorità  giudiziaria la questione di legittimità  costituzionale. Anche da questo versante «giudiziario», ci sono dunque tutte le ragioni per riprendere la battaglia per un cambio della politica delle droghe in Italia, mettendo in luce il vizio d’origine di una svolta repressiva che ha prodotto gravi guasti umani. La predisposizione di questo «schema» intende fornire agli avvocati impegnati ogni giorno nella difesa di giovani consumatori o tossicodipendenti, uno strumento per fermare la macelleria giudiziaria. E’ auspicabile che la parola passi presto alla Corte Costituzionale. La cancellazione del decreto non produrrebbe un vuoto normativo (tornerebbe infatti in vigore la legge precedente), ma creerebbe le migliori condizioni per una riforma sostanziale della legge.


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