Se al secondo clic aumenta il prezzo dei biglietti online

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È più di una sensazione se ce l’hanno in tanti. E il blog dedicato ai consumatori di Le Monde ha avuto il coraggio di darle voce. A chi non è mai capitato di andare a prenotare un biglietto online, verificare l’offerta e a distanza di poche ore trovare per la stessa tratta un prezzo più alto? Altra curiosa coincidenza: tra le 9 e le undici del mattino, orario in cui per definizione lavorano maggiormente le segreterie e i servizi generali delle imprese, i prezzi sono sempre più alti.
È una questione di algoritmi, dicono le compagnie di trasporto. È «IP tracking», dicono invece i lettori del quotidiano francese, cioè il modo con cui le aziende che fanno commercio elettronico sono in grado riconoscere il cliente: ne «tracciano» l’identità  attraverso l’IP del computer. Le Ferrovie francesi, Sncf, hanno naturalmente negato, facendo piuttosto notare che si tratta di un «grande classico» di certi altri colleghi che operano sui binari dell’Europa, e delle compagnie aeree. Non AirFrance, però, a giudicare dalla sua replica.
Mistero. Segnalato un po’ ovunque, anche in Italia. «Abbiamo ricevuto qualche reclamo per comportamento non proprio cristallino da parte di diverse compagnie dei trasporti, soprattutto quelle low cost», racconta il presidente dell’Adusbef Elio Lannutti. Perché spesso basta il tempo di fare un giro di chiamate ai compagni di viaggio per accordarsi sulla data o dell’ok del capo per avere quel giorno libero in più e la spesa non è più la stessa: un allettante volo per Londra da 49 euro sale d’incanto a 79. Ufficialmente, non ci sono più posti disponibili a quella stessa tariffa. I lettori di Le Monde, tuttavia, hanno verificato che questa infelice coincidenza succede soltanto quando si prenota dallo stesso computer. Non succede quando ci si sposta sull’iPad del figlio o sulla postazione del collega.
«Tutti i siti di e-commerce sanno riconoscere l’IP del computer di chi si collega. È un sistema che ha il vantaggio di verificare l’identità  di chi fa una transazione online», spiega l’avvocato Carlo Blengino, esperto di diritto digitale. «Le aziende tracciano le abitudini degli acquirenti attraverso i “cookies“, dall’inglese “biscotti”, che fungono da segugi. La direttiva europea del 2009 sulla e-privacy all’articolo 5 stabilisce che il loro utilizzo non è illegale se è funzionale a migliorare le prestazioni del sito e il servizio ai consumatori. Dunque non è tanto sorprendente che un’impresa ti riconosca, quanto piuttosto che usi a suo vantaggio questa informazione, per penalizzarti sul prezzo. Il vero problema è riuscire a dimostrarlo: bisognerebbe mettere le mani sui server».
Un modo ci sarebbe, secondo il legale Ernesto Belisario, autore del blog Diritto 2.0: «Basterebbe un esposto all’Autorità  garante per le pratiche commerciali per far aprire un’istruttoria: ci sono gli estremi di scarsa trasparenza che determinano un comportamento dell’utente in modo ingannevole. È sicuramente una frontiera importante che non dobbiamo lasciare scoperta».
La Polizia postale e delle telecomunicazioni non ha ricevuto segnalazioni. E gli esperti del settore fanno notare che, qualora venisse dimostrato l’IP tracking, difficilmente sarebbe configurabile come reato: si tratterebbe di stratagemmi, a meno che non si vedesse una manovra più ampia di aggiotaggio.
La prova sul campo, comunque, assolve i nostri maggiori operatori. Scelta una data (il 12 aprile) per prenotare un viaggio di sola andata da Milano a Roma in treno o in aereo alle otto del mattino, tutti e tre i gestori scelti hanno confermato l’offerta trovata al primo clic, con anzi il caso virtuoso di Trenitalia che in seconda battuta metteva in vendita un prezzo ancora più basso del precedente.
«Non usiamo cookies per policy aziendale. Mediamente emettiamo un biglietto su tre a tariffa ridotta, su un monte complessivo mensile di un milione e mezzo», assicurano da Trenitalia. Alitalia impiega i cookies per fare re-marketing, cioè per capire dove piazzare i banner pubblicitari, mai l’IP tracking: «Troppo costoso. Se davvero fossimo in grado di riconoscere il cliente, magari alla quinta visita gli proporremmo il buono sconto. Sarebbe la soluzione più intelligente».
Elvira Serra


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