Tunisi paralizzata dallo sciopero per i funerali del leader ucciso

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TUNISI — Il convoglio con la bara di Chukri Belaid arriva al cimitero accolto dallo scrosciare degli applausi. Nulla a che vedere con il dolore della cerimonia funebre. A migliaia cantano la loro rabbia chiedendo la caduta immediata del governo guidato dai religiosi. «Ennahda degage», dicono in francese con lo stesso slogan cantilenato e ossessivo che solo due anni fa esortava Zine Alabidine Ben Ali a lasciare il potere.
Ma ci sono poche possibilità  per utilizzare l’occasione di rilanciare la compattezza della lotta della Tunisia laica contro il partito religioso che guida il governo. Tutto attorno al cimitero da ore cresce la tensione. Gruppi di provocatori («sono pagati dagli islamici», gridano in tanti) ne approfittano per provare a saccheggiare negozi e uffici. Vengono date alle fiamme alcune automobili in sosta. Allora la polizia interviene ancora prima di mezzogiorno. Il fumo irrespirabile e lattiginoso dei lacrimogeni si mischia a quello nero delle vetture che bruciano. A tratti giungono fredde folate di vento e pioggia. La folla scappa tra le lapidi, si perde nelle vallette laterali, fugge confusamente tra colpi di tosse e urla strozzate. C’è chi vomita presso le tombe, chi cerca riparo dietro i muretti bassi che delimitano la zona verso l’autostrada. Quanti sono? «Oltre centomila, sono venuti a dare l’estremo addio a Belaid, leader della sinistra laica impegnato contro la teocrazia», dicono gli organizzatori del Fronte Popolare, il maggior movimento di opposizione. La polizia diminuisce la cifra a 40.000.
Ma quello che conta è che l’intero Paese è bloccato. Lo sciopero generale domina indisturbato. Scuole chiuse sino a lunedì, trasporti paralizzati, persino l’aeroporto è stato fermato sino a mezzanotte. Il primo assassinio politico mercoledì mattina dalla caduta di Ben Alì sta scatenando tensioni e reazioni a catena. Per puro miracolo non ci sono morti. Si contano invece decine di feriti. Incidenti sono registrati a Gafsa, Kef, Sousse, Sfax e Nabeul. In alcuni casi i manifestanti seguono una cassa da morto vuota per replicare anche nelle provincie periferiche la cerimonia che avviene nella capitale.
Sul piano politico le opposizioni guardano adesso con interesse crescente alle fratture che dividono il fronte del governo. La crisi è stata aperta già  mercoledì sera, quando il premier Hammadi Jebali aveva annunciato la dissoluzione della coalizione e la creazione di un gabinetto di «tecnici» finalizzato a traghettare alle elezioni anticipate. Ma Ennahda, che pure è anche il suo partito, non ci sta. E per oggi ha indetto una contro-manifestazione nel cuore della capitale. Intanto alcuni media locali rivelano che coinvolti nell’assassinio di Belaid potrebbe essere lo stesso capo delle forze speciali della polizia nominato dai vertici di Ennahda. La tensione resta alle stelle.


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