Il Papa lava i piedi ai detenuti

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CITTà€ DEL VATICANO — Nel giorno in cui i sacerdoti rinnovano le loro promesse, subito dopo la «messa crismale» del Giovedì Santo, Francesco ha telefonato a Benedetto XVI come segno di «comunione profonda» e poi ha dato un esempio di che cosa significhi l’esortazione a preti e fedeli ad «aprire le porte» e «uscire»: il primo Papa a celebrare la Messa dell’Ultima Cena non in Basilica ma nel carcere minorile di Casal del Marmo, s’inginocchia sei volte a lavare e baciare i piedi dei giovani detenuti, a due a due, e tra i dodici di varie nazionalità  per la prima volta ci sono due musulmani e due ragazze, una delle quali bosniaca e di religione islamica.
La lavanda dei piedi è il gesto che ripete quello di Gesù agli apostoli, «capite cosa vi ho fatto?», e Francesco lo compie in un carcere dove tra i cinquanta detenuti — 11 le ragazze — 38 sono stranieri e le fedi variano, cattolici, ortodossi, musulmani… «Poiché le attività  nel carcere vengono svolte tutti insieme, maschi e femmine di tutte le religioni, il Papa ha ritenuto normale che tutti partecipassero», spiega padre Federico Lombardi.
Volti segnati che li fanno sembrare più vecchi, disegni da bambini alle pareti bianche delle celle, una chitarra ad accompagnare il coro dei giovani che intona il Kyrie eleison. E un silenzio perfetto, nella cappella del «Padre Misericordioso», mentre il Papa spiega che l’«esempio del Signore» significa che «fra noi quello che è più alto dev’essere al servizio degli altri» ed è «un segno», vuol dire che «dobbiamo aiutarci l’un l’altro, sempre». Poi aggiunge: «Come prete e vescovo devo essere al vostro servizio, un dovere che amo. Ma anche voi: aiutateci». Alcuni lo hanno chiamato «papà », racconta il Guardasigilli Paola Severino; un ragazzo gli chiede: perché sei qui?, e Francesco sorride, «mi è venuto dal cuore, le cose che non ti spieghi sono le più importanti della vita». Prima di andare li abbraccia e bacia tutti, ripetendo: «Avanti e non lasciatevi rubare la speranza. Capito?». E riflette: «Questi ragazzi mi aiuteranno di più a essere umile e servitore come dev’essere un vescovo».
Il Papa stasera guiderà  la Via Crucis al Colosseo e intanto governa: la sua prima nomina è il successore come arcivescovo di Buenos Aires, monsignor Mario Aurelio Poli. Ma ieri mattina ha ripetuto l’essenziale, ai sacerdoti: «Bisogna uscire a sperimentare la nostra unzione, il suo potere e la sua efficacia redentrice: nelle periferie dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità  che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni». I preti non devono essere «gestori» tristi, Francesco usa un’immagine straordinaria: «Questo io vi chiedo: siate pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini».
Gian Guido Vecchi


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La drammaticità  della situazione è stata espressa in maniera inequivocabile dal Presidente Napolitano al Convegno promosso dai radicali alla fine di luglio (ribadita in occasione della mobilitazione di denuncia “Ferragosto in carcere”): quella della condizioni delle nostre carceri, «che definire sovraffollate è quasi un eufemismo», è «una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile»; «una realtà  che ci umilia in Europa», «non giustificabile in nome della sicurezza, che ne viene più insidiata che garantita», frutto di «oscillanti e incerte scelte politiche e legislative … tra tendenziale, in principio, depenalizzazione e “depenitenziarizzazione”, e ciclica ripenalizzazione».

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