Merkel-Hollande, intesa ritrovata di fronte alle resistenze inglesi

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BRUXELLES — Le pretese nazionalistiche del premier britannico David Cameron sul bilancio Ue 2014-2020 che hanno rallentato e rischiato di far fallire il Consiglio dei 27 capi di Stato e di governo, non intendono più subirle. La cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande, al termine della due giorni del summit a Bruxelles, hanno anticipato l’orientamento a far procedere in futuro i 17 Paesi dell’eurozona indipendentemente da eventuali opposizioni del Regno Unito e degli altri nove Stati non aderenti alla moneta unica. Merkel ha rimarcato la necessità di «una maggiore coerenza nell’eurozona» e ha annunciato «decisioni» nel summit del dicembre prossimo. Hollande ha specificato che la zona euro «deve andare più lontano e più veloce» e che «i Paesi fuori dall’euro devono lasciarci procedere al nostro ritmo».

Merkel e Hollande hanno già concordato un fondo di solidarietà riservato ai Paesi della moneta unica. Intendono proporlo formalmente agli altri leader dopo le elezioni tedesche del settembre prossimo perché la cancelliera non vuole rischiare di perdere consensi dimostrando maggiore disponibilità ad aiutare i partner mediterranei. Varie conclusioni del summit, pur non clamorose, fanno intuire la voglia di Berlino e Parigi di avanzare superando le divisioni tra i 17 membri dell’eurozona, senza scontare ritardi causati dai membri contrari a una maggiore integrazione.

Merkel e Hollande non sopportano che Cameron rivendichi davanti ai connazionali di imporre le sue condizioni a Bruxelles. Hanno accettato di mantenere integrale lo sconto sulla contribuzione all’Ue (ottenuto dal Regno Unito negli anni della Thatcher) solo per sbloccare l’approvazione del bilancio 2014-2020, ridimensionato a 960 miliardi di euro in sette anni. Altrimenti il no di Cameron avrebbe bloccato perfino l’intervento più atteso: i 6 miliardi per la Garanzia per i giovani (poi elevati a 8-9 miliardi), che prevede di offrire un lavoro o un corso di formazione a quattro mesi dal termine degli studi o dall’inizio della disoccupazione.

Merkel ha respinto le critiche sulla enorme sproporzione tra le molte centinaia di miliardi di aiuti alle banche e i finanziamenti minimi dell’Ue per l’occupazione. «C’è chi dice che sei miliardi per la disoccupazione giovanile siano pochi — ha dichiarato la cancelliera —. Ma l’importante è che devono essere spesi prima della fine di questi due anni». I tradizionali ritardi dell’Italia e di altri Paesi membri giustificano i dubbi di Berlino. Merkel ha comunque invitato a non diffondere eccessive aspettative nei Paesi mediterranei per i prossimi anni perché la lotta alla disoccupazione è «un processo a lungo termine, che deve essere perseguito passo dopo passo e sottoposto a costante revisione».

La Germania ha frenato anche sugli interventi della banca comunitaria Bei, che dovrebbero favorire la crescita e l’occupazione. Insieme ad altri Paesi del Nord vorrebbe che l’istituto di Lussemburgo continuasse a raccogliere credito e a finanziare principalmente grandi progetti, senza correre i rischi dell’attività creditizia frazionata. Francia, Italia e Spagna preferirebbero una Bei più impegnata nel fornire liquidità alle piccole e medie imprese. L’avvicinamento tra i due schieramenti è atteso dopo le elezioni tedesche, che condizionano anche il progetto di Unione bancaria con i suoi meccanismi comuni di supervisione, aiuti e fallimenti «ordinati». La cancelliera ha preso tempo sostenendo che possa essere varata solo dopo una riforma dei Trattati. Hollande ha replicato che sull’Unione bancaria «dobbiamo arrivare più lontano possibile senza modificare i Trattati». Ma ha accettato di rinviare a dopo le elezioni in Germania.

Ivo Caizzi


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