Le primarie saranno aperte. Distinti segretario e premier

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ROMA Primarie aperte, ma a dicembre non si sceglierà il candidato premier. Guglielmo Epifani ha riunito la commissione congressuale del Pd e anche se dovrà esserci giovedì un nuovo incontro per siglare l’intesa tra tutte le anime del partito, alcuni punti fermi sono stati individuati. A cominciare dal fatto che si partirà dai congressi di circolo e di federazione, a cui potranno partecipare soltanto gli iscritti, per finire con la conferma che la scelta del segretario nazionale si farà attraverso primarie aperte da svolgere entro dicembre.
Tre nodi di non poco conto sono però ancora da sciogliere, e cioè se le candidature nazionali siano da presentare prima che parta l’iter congressuale (posizione dei renziani, che vogliono collegare sfide di base e sfida per la leadership) oppure dopo che sia chiusa la prima fase, e cioè dopo l’elezione dei vertici territoriali. Quest’ultima, stando alla discussione che si è sviluppata ieri, è la posizione prevalente all’interno dell’organismo e che dovrebbe essere ratificata dopo che Epifani avrà incontrato gli attuali segretari regionali.
C’è poi da decidere se i prossimi segretari regionali debbano essere eletti dagli iscritti o con primarie aperte: i bersaniani difendono le prerogative dei primi mentre i renziani spingono per la seconda ipotesi: «Si è sempre fatto così ed è rischioso creare un partito a velocità e magari anche con maggioranze diverse», ha fatto notare il vicecapogruppo dei senatori del Pd Stefano Lepri. Una decisione verrà presa dopo che Epifani avrà ascoltato la posizione di tutti i segretari regionali, ma una possibile mediazione su cui sta ragionando fin d’ora il leader democratico è quella di far votare sì tutti quelli che si dichiarano elettori del Pd, ma di allestire le urne elettorali nei soli circoli del partito, allestendo i gazebo nelle piazze soltanto per la scelta del segretario nazionale. Sarebbe un modo per garantire la massima apertura, evitando però il rischio di un inquinamento del voto da parte di militanti o sostenitori di altre forze politiche interessate a condizionare l’esito della consultazione (rischio più limitato nella più ristretta dimensione dei circoli e delle province).
Ma soprattutto resta ancora un nodo da sciogliere formalmente, anche se ormai l’orientamento prevalente è decisamente chiaro. Dopodomani la commissione congressuale dovrà cioè dire una parola definitiva sulla questione su cui si dibatte da settimane, e cioè se il segretario che verrà eletto a dicembre (come ipotetiche date si fanno quelle dell’8 e del 15) sarà automaticamente anche il candidato premier del Pd.
Matteo Renzi su questo punto ha dato battaglia, ma il suo rappresentante all’interno dell’organismo, Lorenzo Guerini, si è trovato piuttosto isolato nel difenderla. L’ex sindaco di Lodi si è detto disponibile alla sospensione del comma 8 dell’articolo 18 dello statuto del Pd (quello che ha consentito la candidatura di Renzi alle primarie dello scorso autunno) ma non dell’articolo 3, che prevede che «il segretario è il premier che il partito propone».
Epifani vuole incassare il massimo dei consensi da parte di tutte le anime del partito quando la prossima settimana si dovrà dare il via libera alle regole congressuali, ma sul fatto che sia inopportuno votare a dicembre per scegliere il candidato premier del Pd, quando a capo del governo c’è Enrico Letta e non ci sono elezioni in vista, l’opinione è pressoché unanime e difficilmente qualcuno si intesterà un potere di veto. I renziani hanno incassato il via libera alle primarie aperte e la rassicurazione che il congresso si chiuderà entro dicembre, e sono soddisfatti. È complicato dunque che si mettano di traverso quando, alla prossima riunione, Epifani chiederà di chiudere la discussione e licenziare un documento, frutto del lavoro della commissione, da sottoporre poi al voto della direzione che verrà convocata a fine mese e che dovrà stabilire anche la data del congresso (con l’Assemblea nazionale chiamata poi a ratificare l’intero pacchetto all’inizio di settembre, per dare il via alla partita nei circoli per ottobre).
«Cercheremo la massima condivisione e se ci fossero elementi su cui non c’è accordo, toccherà alla direzione decidere», ha messo in chiaro Epifani, ma sulla possibilità che non ci siano conte laceranti all’interno degli organismi dirigenti il leader del Pd è piuttosto ottimista. «Per quanto riguarda i tempi del congresso il nostro intendimento unanime è di tenerlo entro fine anno. Io mantengo un mio ottimismo di fondo che alla fine verremo a capo di una questione molto complessa».
Posizione unanime è stata registrata anche sulla necessità, avanzata nel corso della riunione da Epifani, di dar vita a un organismo intermedio tra la segreteria e la direzione. Una sorta di esecutivo di venti o al massimo trenta personalità di tutte le anime del partito che si possano riunire per discutere insieme al segretario delle principali questioni politiche del momento.
Entro luglio regole e tempistica del congresso dovrebbero dunque essere chiare, ma bisognerà aspettare che passi l’estate per sapere chi saranno i candidati in campo. Renzi ha fatto sapere che scioglierà la riserva a settembre, ma se passasse la norma che le candidature nazionali saranno da formalizzare soltanto dopo che si saranno svolti i congressi regionali (opinione prevalente) il sindaco avrebbe ancora tempo per riflettere per tutto il messe di ottobre. Tra i suoi sostenitori il pressing perché si faccia avanti è forte e sui territori continuano a nascere associazioni «Adesso» e a fiorire iniziative sul «Pd che vorrei». Come quella che si è svolta ieri a Torino alla presenza di diversi consiglieri regionali e a cui ha partecipato anche il deputato Pd Paolo Gentiloni, che ha criticato la riunione promossa la scorsa settimana dagli autori del documento «Fare il Pd», «organizzata al solo scopo di attaccare Renzi». Amaro anche il commento di Walter Veltroni, che parlando a In Onda su La7 dice: «Draghi parla della crisi e noi stiamo a discutere delle regole del congresso…».


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