“La mia espulsione decisa molto in alto me lo dissero quei poliziotti violenti”

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ROMA — Alma Shalabayeva crede ancora che l’Italia possa fare qualcosa per lei e per suo marito, arrestato in Francia e in attesa anche lui di “rendition” verso le galere del Kazakhstan. La moglie del dissidente kazako alla fine di maggio venne catturata ed espulsa in poche ore dalla polizia italiana assieme alla figlia di 6 anni. Ieri per la prima volta una delegazione di deputati italiani ha potuto incontrarla. Sono stati 5 deputati del Movimento 5 Stelle a volare ad Almaty per incontrare la donna nella casa in cui di fatto è prigioniera dal giorno dell’espulsione. I 5 Stelle hanno mandato l’incontro in diretta streaming sul web. «Volevamo dare alla signora Shalabayeva e al mondo intero un’altra immagine dell’Italia, quella che rispetta i diritti umani e che non si piega di fronte alla ragion di Stato», dicono Alessandro Di Battista, Emanuele Del Grosso, Manlio Di Stefano, Emanuele Scagliusi e Carlo Sibilia. «Ci ha detto di essere ancora scioccata, di essere stata lasciata senza documenti, senza denaro e priva di protezione legale mentre intorno a lei c’erano molte persone armate: ci ha ripetuto di aver chiesto molte volte asilo politico in Italia dove vorrebbe ritornare».
La Shalabayeva ha insistito su due particolari: il passaporto della Repubblica centrafricana che ha esibito alla polizia durante i due giorni della sua detenzione le è stato restituito con una pagina 35/36 in più, come se fosse stato modificato per provare a falsificarlo. Ancora: ripetutamente ha chiesto in assenza dei suoi legali di avere asilo politico, soprattutto a una poliziotta “Laura” che l’ha seguita sin dentro il pulmino che l’ha portata sulla pista dell’aeroporto di Ciampino. Dopo l’arresto in Francia del marito Mukhtar Ablyazov, il piano orchestrato dal governo kazako per riportare a casa i dissidenti è sempre più chiaro. Dice uno degli avvocati internazionali che fra Londra e Parigi assistono Ablyazov: «Hanno fatto richiedere l’estradizione all’Ucraina, per utilizzare un paese diverso rispetto agli squalificati tribunali del Kazakhstan. A questo punto anche la difesa di Ablyazov dovrà diventare più internazionale, dovremo chiedere esplicitamente maggior sostegno ai governi europei». Uno degli strumenti che gli avvocati valutano è la richiesta di asilo politico in Italia: «Si, ci stiamo pensando, l’Italia ha una responsabilità grave in un passaggio decisivo, quello in cui ha messo nelle mani del governo kazako la moglie e la figlia di Ablyazov».
Quello che ieri la Shalabayeva ha detto ai deputati del M5S mette in mora l’Italia del governo Letta: «Avevamo scelto l’Italia perché la ritenevamo un modello di buona democrazia, in grado di proteggere i diritti non solo dei suoi cittadini ma anche di quelli di altri paesi», dice la signora. Ma dal giorno dell’arresto «è cambiata la mia vita e sono cambiata io, ci sono cose che rimarranno incise nella mia mente per sempre…». Ancora una volta la Shalabayeva ha ricostruito le ore dell’irruzione nella notte fra il 28 e il 29 maggio, le ore trascorse al CIE di Ponte Galeria. Ha rievocato il compartimento brutale, volgare di alcuni funzionari di polizia che «travestiti da criminali, erano sembrati proprio dei criminali». Ecco perché quella notte non mostrò subito il passaporto kazako, in cui la figlia risultava identificata col cognome del marito Ablyazov: «Erano talmente brutali e violenti che credevamo che fossero venuti lì per ucciderci, ero convinta di trovarmi di fronte dei mafiosi. Mi hanno espulsa senza avvocato, senza interprete e senza nessun passaporto. Non so quale autorità ha firmato la mia deportazione, ma mi hanno detto che la decisione era firmata a livello molto alto».
Alma racconta i particolari del comportamento della poliziotta, “Laura”, che ha registrato molte sue dichiarazioni su un telefonino ed era sempre in contatto con qualcun altro della polizia. «Mi ha rivolto molte domande di politica, sui rapporti tra il presidente kazako e quello russo, registrando tutto su un I-phone. Siamo arrivate in Kazakhstan senza legale, senza interprete, senza passaporto, senza biglietto o controlli doganali, senza nessuna possibilità di ottenere l’asilo politico». I deputati del 5 Stelle oggi continuano la loro missione nella capitale del Kazakhstan, Astana. «Seguiremo il caso fino in fondo», dice Alessandro Di Battista, «l’Italia non può abbandonare queste due donne».


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