Confindustria più ottimista: Italia fuori dalla recessione

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ROMA — Anche Confindustria comincia a vedere segnali positivi e immagina entro l’anno la fine della recessione. Il presidente Giorgio Squinzi, commentando il rapporto del Centro studi, ha affermato che «la pendenza è cambiata, sembra che stiamo avvicinandoci verso una discesina, dobbiamo però aspettare ancora qualche segnale per consolidare un vero segno di cambiamento». Pur con tutte le cautele e i distinguo che poi vedremo, la sintesi confindustriale di «Scenari economici» converge con quanto anticipato dal ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni prima delle vacanze. Che ieri non ha nascosto la sua soddisfazione intervenendo ai lavori di Confindustria: «Mi sentivo come il gregario che tenta una fuga sullo Stelvio e il gruppo rimane indietro, adesso alcuni mi stanno raggiungendo, è un fatto positivo».
I numeri illustrati dal direttore del centro studi Luca Paolazzi migliorano la precedente stima di un calo del Pil da -1,9 a -1,6% e una crescita nel 2014 dello 0,7 rispetto a 0,5%. Il terzo trimestre dell’anno è nullo mentre per l’ultimo è atteso un +0,2%. Come si vede sono numeri piccoli, da «prefisso telefonico», e nella lunga premessa del rapporto prevalgono i distinguo, l’incertezza che rimane, il consolidamento fragile, l’invito a nessun compiacimento. La scelta alla fine è netta: il quadro macro internazionale sta migliorando, le scorte sono basse, l’export cresce, la stretta dei bilanci pubblici si sta allentando. E quindi è più che giustificata una previsione ottimistica che tuttavia, come emerso anche nei giorni scorsi a Cernobbio da economisti e imprenditori, non deve essere rovinata da una crisi politica. L’incertezza della politica, con i rischi collegati a una caduta del governo, è il mantra che anche ieri è stato evocato da quasi tutti gli interventi, come quello del presidente degli industriali tedeschi (Bde) Ulrich Grillo. Circostanza che non è sfuggita al capogruppo dei deputati Pdl Renato Brunetta che ha definito l’analisi di Confindustria un «salvagente lanciato a Saccomanni da Squinzi». Se il sospetto di un «assist» al governo può non essere infondato in questa delicata fase politica, ieri si è anche chiarito qualche malinteso tra Confindustria e il ministro del Tesoro in merito al patto di Genova tra imprese e sindacati che ha fatto capolino a Cernobbio. Saccomanni aveva rimproverato le parti sociali di limitarsi a chiedere senza offrire contributi alle riforme.
Il premier Enrico Letta lo ha corretto e ieri, dopo un editoriale parzialmente rettificativo su Il Sole 24 Ore , Saccomanni ha pubblicamente riconosciuto il valore del patto, ma ha tenuto il punto sulla teoria dei sacrifici reciproci.
Una colazione nella foresteria di viale Astronomia tra il leader degli imprenditori (che al governo ha chiesto un taglio del cuneo fiscale di 4-5 miliardi) e il responsabile del Tesoro — peraltro vecchi amici con simmetrici attestati di stima — ha chiuso la polemica. Ma il quadro economico emerso ieri, se letto in filigrana e assorbendo le perplessità di alcuni economisti come Massimo Bordignon e Lorenzo Bini Smaghi, resta di grande preoccupazione. I conti che narrano le macerie dell’economia italiana dal 2007 sono impressionanti: -8,9% di Pil, -7,6% i consumi delle famiglie, -27,1% gli investimenti, -7,2% l’occupazione, -25,1% la produzione industriale. A correre al ritmo dell’1,5% (cioè il doppio di quello previsto per il 2014) ci vorrebbero sei anni per tornare ai livelli di partenza, calcola sconfortato Paolazzi. Bini Smaghi corregge il vicepresidente Fulvio Conti che aveva parlato di «uscita dell’Italia come sorvegliato speciale». «Peccato che al di fuori dei nostri confini — ha osservato l’ex Bce — non sia così, anche perché con una crescita dello 0,7% è difficile sostenere che siamo usciti dalla recessione». Critico anche sui dati dell’avanzo primario «che sono sì i migliori dell’eurozona ma dovrebbero esserlo del doppio — circa il 5% del Pil — per ridurre il peso del debito pubblico». Infine sull’aumento dell’Iva dal primo di ottobre, il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato ieri si è detto ottimista: non dovrebbe aumentare. Almeno fino a fine dicembre.
Roberto Bagnoli


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