La lunga domenica di D’Alema A Foggia «battuto» da Scalfarotto

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ROMA — Arriva la notizia che la Roma ha battuto la Fiorentina. C’è ancora qualcuno che segue le partite camminando sul marciapiede, con la radio all’orecchio. La strada è deserta, silenziosa, livida sotto un cielo d’inverno. La trattoria dove preparano squisiti spaghetti cacio e pepe è chiusa. Davanti al portone dell’abitazione di Massimo D’Alema rallenta una macchina.
Un agente di scorta scende, e lancia un colpo d’occhio guardingo. Lo sportello si apre e compare lui, D’Alema, che viene avanti parlando al telefono (è a colloquio con la sua brava e paziente portavoce, Daniela Reggiani); indossa un cappotto blu e, al collo, tiene stretta una sciarpa giallorossa.
Presidente, si è divertito allo stadio? (certe volte è meglio prenderla un po’ larga, con D’Alema).
«Sì, diciamo che è stata una bella partita…».
Anche se la partita più importante è un’altra…
«Mah, guardi… a giudicare dai dati di afflusso ai gazebo, mi sembra ci sia stata una buona partecipazione e questo rappresenta certamente un ottimo risultato per il nostro partito».
Negli ultimi giorni qualcuno ha evocato il rischio di una scissione…
«Scissione? No, non ci sarà alcuna scissione. È un concetto, questo, che ho ripetuto con forza ovunque abbia tenuto un comizio, e di comizi, come lei sa, ne ho tenuti molti negli ultimi giorni».
La vittoria di Matteo Renzi sarà però schiacciante e…
«E noi, se sarà necessario, se dovessero crearsi determinati presupposti, siamo pronti a dare battaglia… come, del resto, prevede il nostro modo di intendere la politica, la nostra cultura, la nostra tradizione di lotta…».
Con Massimo D’Alema, il suo interlocutore ha sempre un vantaggio: capisce subito, abbastanza facilmente, di che umore è. Ecco, si può dire che in questa domenica di primarie D’Alema sia poco incline anche alla tradizionale graffiante ironia. Che pure, per dire, la settimana scorsa, aveva sfoggiato con l’inviato delle «Iene», Enrico Lucci.
(Lucci: «Cos’è che non ti piace di Renzi?»
D’Alema: «Io preferisco Cuperlo perché è un ragazzo serio, profondo. Renzi concepisce il partito come un trampolino di lancio per volare su Palazzo Chigi. Gliel’ho detto: tu sali sul trampolino per tuffarti. Ma la piscina è vuota perché le elezioni ancora non ci sono»).
Adesso Massimo D’Alema si congeda e va su, a casa, dove l’aspettano la moglie Linda e la sua cagnetta nera, una meticcia di nome Penelope (detta Penny). Linda Giuva era con lui anche poche ore fa, a Foggia: è lì che l’ex premier guidava la lista di Gianni Cuperlo ed è lì che, alle 8, ha votato (poi la corsa a Roma, per andare allo stadio e incontrare e parlare a lungo anche con il presidente della società giallorossa, James Pallotta).
In questa breve e intensa campagna elettorale, D’Alema non ha lesinato energie. Ha tenuto incontri ovunque, nel suo collegio pugliese: da Andria ad Ostuni, da Mesagne ad Apricena, per poi arrivare un pomeriggio a Cerignola, città natale di Giuseppe Di Vittorio, e mollare un po’ i freni.
Stralci del suo intervento. «Ma come si fa a votare Civati? La maggior parte di quelli che lo votano non lo conoscono. Se lo conoscessero, credetemi, non lo voterebbero!». E ancora: «Abbiamo radici profonde che hanno provato in molti ad eliminare, anche gente con più attributi di Renzi. Ma gli è andata male… come andrà male a lui». Quindi, la spiegazione di come Renzi sia riuscito a diventare personaggio assoluto e a vincere, addirittura in anticipo, le primarie. «Ci è riuscito grazie ai giornali, al potere economico e a parte del nostro partito. Sono queste tre componenti ad aver creato il fenomeno».
Intanto viene il buio in un pomeriggio non facile per il politico che per primo, tra i comunisti, riuscì a sedersi sulla poltrona di presidente del Consiglio (precedentemente era stato su quella di direttore dell’Unità e di segretario dei Ds). Un politico potente, di enorme carisma, con un carattere ruvido, orgoglioso. «Io manco lo sapevo chi fosse Renzi. Lui però si è affermato sulla scena politica avendo come principale parola d’ordine: “Rottamare D’Alema”. No, dico: mettiti nei miei panni…».
Gli squilla il telefono. Funzionari imbarazzati spiegano che Renzi è ovunque molto avanti, e Cuperlo — il suo candidato — ovunque molto dietro. Anche a Foggia: dove, perciò, D’Alema è battuto dal capolista renziano Ivan Scalfarotto. Qualcuno, con un filo di voce, inizia allora a chiedergli di pensare a un raggruppamento che tenga insieme dalemiani, bersaniani, giovani turchi.
Un correntone di minoranza, si sarebbe detto un tempo. Quando Matteo Renzi doveva ancora nascere.
Fabrizio Roncone


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