“Donne e bambini fuori da Homs” via libera a un corridoio umanitario ma Damasco vuole i nomi dei ribelli

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GINEVRA — Al Palais des Nations di s’apre il primo squarcio, in una giornata livida. Separati in due stanze asettiche a migliaia di miglia da Homs, i delegati dell’opposizione siriana e i rappresentanti del governo hanno concordato la fine dell’assedio della Città vecchia. Questo vuol dire accesso agli aiuti umanitari, e scambio dei prigionieri: i «detenuti» da parte del governo, e i «sequestrati e catturati» da parte dei gruppi armati. Lakhdar Brahimi, il rappresentante speciale dell’Onu, si augura che il primo convoglio di soccorsi, di alimenti e farmaci possa varcare gli antichi labirinti della città già fin d’oggi, e che subito escano liberi donne e bambini.
È un primo successo tangibile, incassato al secondo giorno dei colloqui previsti dalla Conferenza di Ginevra. In più, è un risultato a favore dell’opposizione, che può farlo valere nel fragile rapporto con i combattenti sul terreno. La questione di Homs, infatti, è intrattabile da lungo tempo, cioè dall’inizio della rivolta nel 2011, quando un gruppo di uomini armati — si saprà soltanto alla consegna dei nomi se in maggioranza siriani o con il coinvolgimento di stranieri — s’è appostato nei vicoli inestricabili del quartiere per lo più cristiano.
Questa non è la prima tregua: gruppi interconfessionali della società civile siriana s’erano più volte adoperati a mediare fra i ribelli e le autorità. Gli abitanti erano finiti ostaggi d’entrambi: i guerriglieri avevano il timore che in assenza dello scudo dei civili sarebbe scattato l’assalto da parte dell’esercito. Già molti civili erano stati liberati, alcuni ridotti in condizioni estreme, in cambio dell’ingresso di alimenti e farmaci ai combattenti e alle proprie famiglie. Ancora nel 2012 era intervenuto un breve cessate-il-fuoco mediato da Kofi Annan, il primo rappresentante speciale dell’Onu.
Finché una novità è intervenuta di recente: l’esercito ha ripreso gli altri quartieri della città, compresi Khalidiya e Wadi al Sayeh, giusto attiguo alla Città vecchia e attraverso il quale gli asserragliati ricevevano rinforzi. Caduti Khalidiya e Wadi al Sayeh, i combattenti si sono trovati accerchiati.
Ora il governo chiede all’opposizione una lista dei nomi, prima di lasciarli andare. Aspetta anche un secondo elenco per procedere allo scambio dei prigionieri.
Brahimi fa sapere che l’opposizione si è impegnata a fornirli. Però, aggiunge una nota di cautela: i nomi arriveranno da gruppi con «cui l’opposizione è in contatto, o sui quali gode di una certa autorevolezza», nell’ammissione che il novero non comprende tutti i combattenti sul terreno. Pazienza, esorta Brahimi: «Procediamo a piccoli passi; anzi, a mezzi passi». Ma già quella di ieri è una partenza. Se tutto andrà come previsto.


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