Un misero 12%, i pensionati restano a bocca asciutta

Un misero 12%, i pensionati restano a bocca asciutta

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Un misero, offen­sivo, 12%. È la per­cen­tuale, rispetto al totale dovuto, otte­nuta dai pen­sio­nati in forza del decreto ema­nato dal governo dopo la sen­tenza della Corte costi­tu­zio­nale. Il cal­colo lo ha fatto l’Ufficio par­la­men­tare di bilan­cio (Upb): secondo i tec­nici delle due Camere, invece dei 17,6 miliardi neces­sari per recu­pe­rare la man­cata indi­ciz­za­zione decisa da Monti-Fornero, nelle tasche degli over 60 arri­ve­ranno sol­tanto 2,2 miliardi.

Il docu­mento è stato pre­sen­tato dal pre­si­dente dell’Upb, Giu­seppe Pisauro, sen­tito in audi­zione dalle com­mis­sioni bilan­cio riu­nite: il decreto sulla riva­lu­ta­zione delle pen­sioni oltre tre volte il minimo bloc­cate dal Salva Ita­lia nel 2011, ha spie­gato Pisauro, resti­tui­sce solo il 12% di quanto perso dai pen­sio­nati che hanno subito il blocco della pere­qua­zione, ma con­cen­tra l’intervento sulle fasce di red­dito più basse. Il cal­colo con­ferma le stime del governo sull’impatto sui conti pub­blici della sen­tenza della Con­sulta del 30 aprile.

Al netto degli effetti fiscali, ha pro­se­guito Pisauro, il recu­pero inte­grale della dein­di­ciz­za­zione subita nel bien­nio 2012–2013 vale 17,6 miliardi per il 2015 (di cui 4,5 per­ma­nenti e il resto arre­trati per gli anni 2012–2014) e 4,4 miliardi dal 2016 con un inde­bi­ta­mento netto ten­den­ziale in peg­gio­ra­mento dal 2,5% al 3,6% del Pil. Il decreto del governo riduce gli oneri sul 2015 da 17,6 a 2,2 miliardi (quindi solo 0,13 punti di Pil invece che 1,1 punti). A regime l’impatto sull’indebitamento netto dovrebbe atte­starsi a 0,03 punti di Pil, circa 500 milioni.

In ter­mini di importi, le cifre che saranno resti­tuite ai pen­sio­nati vanno da 816,4 euro per le fasce più basse a 319,8 euro per quelle più alte. La resti­tu­zione inte­grale per il trien­nio 2012–2014 avrebbe dovuto essere rispet­ti­va­mente di 3.008 euro e 4.157 euro; il prov­ve­di­mento del governo resti­tui­sce quindi tra il 27,1% e il 7,7% della somma complessiva.

Pisauro ha poi spie­gato che que­sto «evento eso­geno» fa «sva­nire il teso­retto» e riduce i mar­gini di mano­vra. Di fatto sarà quindi com­pli­cato inter­ve­nire sulle altre mate­rie come ad esem­pio la disap­pli­ca­zione delle clau­sole di sal­va­guar­dia (con il rischio di un aumento delle accise e/o dell’Iva). Se da un lato i cal­coli cer­ti­fi­cano che il risar­ci­mento sarà molto basso, dall’altro l’Upb con­di­vide però la deci­sione di con­cen­trare le risorse sui red­diti più bassi.

Se infatti si fosse decisa la resti­tu­zione totale di quanto perso con la dein­di­ciz­za­zione — spiega l’Upb — i pen­sio­nati con red­diti tra le tre le quat­tro volte il minimo (tra i 1.500 e i 2.000 euro) avreb­bero avuto il 33,9% del totale delle risorse, e invece il decreto del governo ha desti­nato loro il 67,5% del totale stan­ziato. Ma nono­stante sia stata di fatto “pri­vi­le­giata”, que­sta fascia avrà comun­que una resti­tu­zione limi­tata, con circa il 40% di recu­pero per il periodo 2012–2013 e appena l’8% per il 2014–15.

Va ricor­dato che il 70% dei pen­sio­nati non è coin­volto dal prov­ve­di­mento poi­ché al momento del Salva Ita­lia aveva red­diti infe­riori a tre volte il minimo e dun­que ha già avuto la pere­qua­zione per il 2012–13.

Quanto al più gene­rale tema pen­sioni, il mini­stro Giu­liano Poletti ieri ha ricor­dato che «c’è un tavolo aperto con i sin­da­cati», riba­dendo la volontà di «ricon­si­de­rare la fles­si­bi­lità in uscita». Tema caldo, quello della riforma della legge For­nero, soprat­tutto dopo la bato­sta delle ammi­ni­stra­tive, con un Pd affa­mato di consenso.



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