La lunga notte di Tsi­pras

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Atene. È notte ad Atene. Il parlamento approva le prime norme del nuovo memorandum della Troika con 228 sì e 64 il no. Il governo Tsipras resta in carica ma Syriza perde 38 voti su 149 (32 no e 6 astenuti). A favore i conservatori di Nea Demokratia, i centristi del Potami e Pasok. Contrari i comunisti del Kke e i nazisti di Alba dorata. Drammatico appello ai deputati di Tsipras: «Non saremo una parentesi, la nostra lotta continua»

Spac­cata in due la società del «no», tra rab­bia e ran­core; una parte scende in piazza per la prima volta dalla vit­to­ria elet­to­rale di Syriza e pro­te­sta con­tro l’ accordo. Ieri è toc­cato riem­pire piazza Syn­tagma ai dipen­denti pub­blici. Oggi tocca ai far­ma­ci­sti con­tro le libe­ra­liz­za­zioni e altri set­tori di liberi professionisti.

Divisa pure la sini­stra radi­cale greca — la scis­sione per il momento è stata evi­tata– dalla sua base fino ai livelli più alti di fronte a un dilemma che non è affatto facile da risol­vere: schie­rarsi e votare con­tro­vo­glia a favore di un terzo memo­ran­dum, per evi­tare — almeno così si dice– una cata­strofe totale del paese nel caso di un default incon­trol­lato, oppure di un Gre­xit, andando però con­tro le pro­prie idee. Oppure stare in pace con la pro­pria coscienza, rispet­tando le idee e le tra­di­zioni della sini­stra, schie­ran­dosi con­tro l’intesa con i cre­di­tori, pro­vo­cando però una crisi di governo e la caduta di un ese­cu­tivo delle sini­stre, come vor­reb­bero pro­prio i cre­di­tori con Wol­fgang Schau­ble primo nella lista.

Il dilemma era pesante ieri per i 149 depu­tati di Syriza, un po’ meno per i 13 dei «Greci indi­pen­denti», il par­tito di destra e part­ner di governo che nono­stante le denunce con­tro l’accordo e i «fal­chi euro­pei», fin dalla mat­tina ave­vano deciso di votare a favore dell’accordo. A Syriza, invece, hanno con­ti­nuato, o meglio si sono raf­for­zate, le voci di dis­senso con­tro il pre­mier Ale­xis Tsi­pras il quale ha sot­to­li­neato che farà di tutto per tenere unito il par­tito. Men­tre scri­viamo non è ancora comin­ciata la vota­zione finale sul pac­chetto di misure richie­ste da Bru­xel­les, ma già si sa che l’accordo sarà appro­vato con una larga mag­gio­ranza. A favore si è schie­rata quasi tutta l’opposizione: i con­ser­va­tori di Nea Dimo­kra­tia, i cen­tri­sti del Potami e i socia­li­sti del Pasok. Con­trari, invece, i comu­ni­sti del Kke e i nazi­sti di Alba dorata.

È notte ad Atene. Il parlamento approva le prime norme del nuovo memorandum della Troika con 228 sì e 64 il no. Il governo Tsipras resta in carica ma Syriza perde 38 voti su 149 (32 no tra cui Varoufakis e 6 astenuti). Drammatico appello ai deputati di  Tsipras: «Non saremo una parentesi, la nostra lotta continua»

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La riu­nione del gruppo par­la­men­tare, poco prima del dibat­tito, ha avuto invece toni dram­ma­tici. Men­tre due giorni fa Ale­xis Tsi­pras aveva escluso di dimet­tersi e l’eventualità di un nuovo ricorso alle urne, ieri rivol­gen­dosi ai depu­tati ha detto che «senza il vostro appog­gio, sarà dif­fi­cile essere ancora il primo mini­stro». Oltre alla «Piat­ta­forma di sini­stra», la più forte com­po­nente di oppo­si­zione all’interno di Syriza, che aveva reso noto che avrebbe votato con­tro, la pre­si­dente della camera, Zoi Kon­stan­to­pou­lou, già in scon­tro aperto con il por­ta­voce par­la­men­tare di Syriza, Nikos Filis, ha detto che non è dispo­sta a dimet­tersi dal suo posto per faci­li­tare la vota­zione. Il pro­getto di legge sull’intesa avrebbe dovuto essere appro­vato entro la mez­za­notte di ieri sera, ma Kostan­to­pou­lou non era dispo­sta a far par­tire il dibattito.

Il ter­mo­me­tro della ten­sione è salito anche gra­zie alle nuove dichia­ra­zioni di Yanis Varou­fa­kis, il quale — dopo il suo allon­ta­na­mento — pur rima­nendo popo­lare, riceve forti cri­ti­che non solo dai par­titi dell’opposizione, ma anche dai suoi com­pa­gni di par­tito per le moda­lità della sua nego­zia­zione. L’ ex mini­stro delle finanze ha defi­nito l’accordo di Bru­xel­les «un nuovo trat­tato di Ver­sail­les», rispon­dendo cosi al pre­mier –con il quale man­tiene anche rap­porti di ami­ci­zia– il quale poche ore prima aveva detto che Varou­fa­kis «è molto bravo dal punto di vista eco­no­mico, ma non è un poli­tico e ha com­messo evi­denti errori durante il negoziato».

Varou­fa­kis, inol­tre, –e que­sto ha pro­vo­cato scal­pore in tutta la Gre­cia– durante un’ inter­vi­sta al Real fm radio ha detto che la sera dei risul­tati del refe­ren­dum si è recato «al Megaro Maxi­mou» (la sede di governo) pieno di entu­sia­smo per il glo­rioso «no» della mag­gio­ranza dei greci, ma nell’aula dove era pre­sente il pre­mier c’era un clima pesante. Sem­brava quasi che «nes­suno fosse con­tento della vit­to­ria del governo». Ieri il mini­stro dell’Energia e dell’ambiente, Panayo­tis Lafa­za­nis, lea­der della «Piat­ta­forma di sini­stra» ha spe­ci­fi­cato: «Appog­giamo il governo, ma non il memo­ran­dum. Ciò non vuol dire che Syriza si spac­cherà», schie­ran­dosi ancora una volta a favore della dracma. Poche ore prima Tsi­pras aveva detto che «la prio­rità era evi­tare un disa­stro e fir­mare un accordo dif­fi­cile in cui non cre­devo ma che ora rispet­terò e che ci farà uscire dalla crisi».

Ieri invece ha annun­ciato le sue dimis­sioni la vice mini­stra delle finanze Nadia Vala­vani. In una let­tera indi­riz­zata al pre­mier Tsi­pras, Vala­vani scrive che il governo di Ber­lino intende «umi­liare com­ple­ta­mente il governo (di Atene) e il Paese». L’intenzione della Ger­ma­nia è chiara: pro­vo­care una crisi di governo aprendo cosi la strada ad un governo di tec­no­crati mano­vrati e con­trol­lati al 100% dai cre­di­tori. Secondo Vala­vani, nota per le sue lotte sociali, «que­sta solu­zione, impo­sta oltre­tutto for­zo­sa­mente, non è una solu­zione soste­ni­bile» e non garan­ti­sce alcuna cre­scita. Vala­vani esprime la spe­ranza che «la bat­ta­glia con­ti­nui», ma esi­stono molti dubbi sulla capa­cità di Tsi­pras di man­te­nere com­patta Syriza.

Poche ore dopo, tra­mite una let­tera aperta a Tsi­pras 107 sui 201 mem­bri del comi­tato cen­trale del par­tito, più della metà, hanno chie­sto una riu­nione straor­di­na­ria del dichia­ran­dosi con­tro l’intesa tra il pre­mier greco e cre­di­tori. È sem­brata una con­te­sta­zione aperta ad Ale­xis Tsi­pras, il quale non solo non sem­bra dispo­sto di cedere alle pres­sioni, ma difende le sue scelte poli­ti­che. «Il piano appro­vato a Bru­xel­les per tre anni –ha detto– è migliore di quello offerto da Junc­ker e avrà un impatto fiscale più mite rispetto a quelli offerti ai governi precedenti».

Nell’elettorato di Syriza, invece, c’è un’aria com­ple­ta­mente rispetto agli appa­rati del par­tito. Una parte della mag­gio­ranza dei greci, non neces­sa­ria­mente di sini­stra, che si è schie­rata a favore di Syriza nelle ele­zioni del 25 gen­naio e nel refe­ren­dum del 5 luglio con­si­dera Ale­xis Tsi­pras un «traditore».

Si tratta di per­sone che hanno votato Syriza per­ché si aspet­ta­vano giorni migliori, per­ché ave­vano cre­duto in Tsi­pras quando pro­met­teva l’abolizione del memo­ran­dum «con una legge che avrà sol­tanto un arti­colo». Per­sone che temono una nuova stangata.

Un’altra parte, invece, la mag­gio­ranza di que­sto mare immenso di greci che hanno votato per Syriza, appog­giano le scelte di Ale­xis Tsi­pras per­ché si ren­dono conto che il paese non era pronto per una uscita dall’ euro­zona, che non c’ era un piano di uscita. Ammet­tono che il pre­mier non è riu­scito a man­te­nere le sue pro­messe elet­to­rali, ma attri­bui­scono tutto que­sto ai ricatti dei creditori.



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