I cen­tri da “bestie” delle coop

I cen­tri da “bestie” delle coop

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«Siamo umani o bestie?», urlava Mat­teo Renzi dal palco della festa nazio­nale dell’Unità. Bene, anzi benis­simo. Ma Renzi farebbe meglio a venire in Cala­bria e visi­tare i molti “ cen­tri d’accoglienza” in cui cen­ti­naia di migranti vivono come “bestie”, in luo­ghi affatto acco­glienti, spesso gestiti da coo­pe­ra­tive vicine al Pd.

Per esem­pio, il cen­tro prov­vi­so­rio di Spi­neto, nel comune di Apri­gliano, inca­sto­nato nei verdi boschi della Sila cosen­tina, era un vec­chio albergo-ristorante, Il Capriolo, rea­liz­zato trent’anni fa su due corpi distinti per più piani. Con affi­da­mento diretto da parte della pre­fet­tura di Cosenza, la coo­pe­ra­tiva Sant’Anna gesti­sce ora una ottan­tina — ma prima erano anche di più — di afri­cani pro­ve­nienti da Soma­lia, Gam­bia, Nige­ria e Ghana. A gui­dare la coo­pe­ra­tiva è il qua­ran­tenne Car­melo Rota, asses­sore comu­nale del Pd. In cam­bio dei “ser­vizi” riceve 29 euro al giorno a migrante, secondo una con­ven­zione con la pre­fet­tura che viene pro­ro­gata ogni tre mesi. Ma la scena che si pre­senta agli occhi descrive non certo un resort a quat­tro stelle, come pure dalle guide que­sto posto lasciava pre­sa­gire. Si tratta, piut­to­sto, di un dor­mi­to­rio di carne umana, di un par­cheg­gio per migranti, di un campo pro­fu­ghi che nem­meno in medioriente.

È que­sto l’inferno degli asi­lanti che arri­vano in Ita­lia. «Ci sen­tiamo abban­do­nati e dimen­ti­cati – è il coro una­nime — qui non c’è linea per il cel­lu­lare, non abbiamo assi­stenza legale, nono­stante le nostre pro­te­ste e le pro­messe della pre­fet­tura non è cam­biato nulla». Un ragazzo eri­treo, Ahmed, si avvi­cina per par­lare e descrive il cen­tro come «una pri­gione a cielo aperto, sento la testa bat­tere come una pen­tola a pres­sione, se con­ti­nua così mi sui­cido», aggiunge. «Nel sot­ter­ra­neo hanno messo le donne per­ché loro non si ribel­lano», dice un gha­nese con il rosa­rio al collo. Attual­mente ospita 84 richie­denti asilo. Molti di loro pro­ven­gono da Aman­tea, dall’ex albergo Ninfa Marina, tra­sfe­riti di forza nell’entroterra silano dopo il riot dell’inverno scorso nella città tir­re­nica. La strut­tura è iso­lata per diversi chi­lo­me­tri. Alcuni si tro­vano lì da oltre 11 mesi. Abdul, somalo, ci dice che: «C’è un solo auto­bus che per­mette di allon­ta­narsi da Spi­neto, par­tendo alle 6 di mat­tina e rien­trando alle 15». Sono pre­senti 14 donne di nazio­na­lità somala e nige­riana che lamen­tano l’assoluta man­canza di assi­stenza sanitaria.

La pro­te­sta a cui hanno dato vita il mese scorso è sca­tu­rita dalla man­cata fer­mata da parte dell’autobus delle Fer­ro­vie della Cala­bria per con­sen­tir loro di arri­vare a Cosenza. Hanno bloc­cato il traf­fico in entrambe le dire­zioni sulla strada silana con cas­so­netti e mate­rassi dati alle fiamme. Regna il mistero sull’agibilità della strut­tura di Apri­gliano che è com­po­sta di due sta­bili, uno costruito negli anni ’70 su tre piani e un altro, che negli anni ’90 era una sala rice­vi­menti su un piano con il semin­ter­rato. Attual­mente ci sono posti letto in ogni angolo, anche nei sot­to­scala. Il degrado è palpabile.

È per que­sto che la pro­cura di Cosenza, sulla scorta delle denunce dei migranti e in seguito al dos­sier dell’associazione la Kasbah, ha aperto lunedì un fasci­colo d’indagine. Gli agenti della mobile hanno ese­guito un sopral­luogo per veri­fi­care le reali con­di­zioni di vita dei pro­fu­ghi. Secondo Rota le carte sono a posto. Ma dagli uffici tec­nici del comune tra­pela che c’è il segreto istrut­to­rio. Esi­ste­rebbe un cer­ti­fi­cato del 2004 che dichiara la strut­tura ina­gi­bile e uno del 2007 secondo cui, invece, sarebbe agi­bile. I migranti di Spi­neto rac­con­tano di sen­tirsi abban­do­nati, alcun pro­cesso di inse­ri­mento sociale è stato messo in atto. Le per­sone inter­vi­state rac­con­tano di essere state «dinie­gate» dalla com­mis­sione per il rico­no­sci­mento dello sta­tus ma di non aver mai incon­trato l’operatore legale né l’avvocato. Né di esser stati infor­mati della pos­si­bi­lità di pre­sen­tare ricorso. Sono esseri umani o bestie?



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