Appalti a Firenze, sì al processo sotto accusa Ligresti e politici.

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FIRENZE – Ormai in città  molti ne sono convinti: l’area di Castello, l’unica ancora non edificata a Firenze, quasi 180 ettari brulli a ridosso dell’aeroporto, porta sfortuna. Nel 1989 una telefonata di Achille Occhetto bloccò in extremis il piano di fabbricazione concordato dal Comune con Fondiaria, proprietaria dell’area, e mandò a gambe all’aria i vertici locali del Pci. Dopo aver comprato Fondiaria, Salvatore Ligresti ci ha provato di nuovo con tenaci trattative con la giunta guidata dall’ex sindaco Leonardo Domenici (Pd), ma non ha avuto maggiore fortuna. Nel novembre 2008, quando i giochi sembravano fatti, la magistratura ha sequestrato l’area. E ieri Ligresti è stato rinviato a giudizio per corruzione con due suoi collaboratori, Fausto Rapisarda e Gualtiero Giombini, con gli ex assessori Pd Gianni Biagi (urbanistica) e Graziano Cioni (sicurezza sociale) e con l’architetto Marco Casamonti. Il processo parte il 6 giugno. L’inchiesta è dei Carabinieri del Ros e da una sua costola è scaturita l’indagine sugli appalti per il G8 e per i Grandi Eventi. Indagando sull’area di Castello i magistrati della procura di Firenze ritengono di essersi imbattuti in quella nuova forma di corruzione «liquida» o «gelatinosa» che ha preso il posto del classico scambio favori-mazzette. Secondo le accuse, per ottenere i permessi per costruire 1500 appartamenti più edifici commerciali e direzionali, Ligresti accettò di affidare incarichi di progettazione ad architetti indicati dall’assessore Biagi, tutti vicini al Pd, primo fra tutti Marco Casamonti, che secondo le accuse ha ricevuto da Fondiaria un milione e 650 mila euro e resta creditore di un altro milione: il tutto per progetti che – stando a quanto diceva Giombini, uno degli imputati – sarebbero stati buttati via, visto che Fondiaria aveva già  commissionato il lavoro ad altri professionisti. La convenzione siglata nel 2005 stabiliva che elemento qualificante del nuovo insediamento sarebbe stato un parco di 80 ettari. Ma, secondo le accuse, nell’autunno 2008 la giunta comunale, sindaco Leonardo Domenici in testa, era pronta a sacrificare il polmone verde per far posto alla cittadella dello sport proposta da Diego Della Valle, patron della Fiorentina. Quando, dopo il sequestro dell’area, vennero pubblicate le intercettazioni nelle quali il sindaco dichiarava che il parco gli faceva schifo e che bisognava smitizzarlo, Domenici si incatenò per protesta davanti alla sede di “Repubblica” a Roma. La procura non ha ravvisato illeciti penali nei comportamenti dell’ex sindaco, mentre ha contestato all’assessore Cioni, noto per aver creato la zona blu più grande d’Italia e poi per la sua ordinanza anti-lavavetri, di aver appoggiato i piani di Fondiaria in cambio di favori personali e di sponsorizzazioni. Non c’è stato nessuno scambio illecito, sostengono compatti gli avvocati della difesa. E Cioni ricorda di essere stato forse l’unico politico in Italia a denunciare due tentativi di corruzione.


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