Fuoriuscita di plutonio da Fukushima Il premier: “Puntare sull’energia pulita”

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TOKYO – La fuoriuscita di plutonio dalla centrale di Fukushima ha costretto ieri il primo ministro Naoto Kan a dichiarare lo «stato di massima allerta» e rafforzato l’opinione degli esperti che considerano l’incidente nucleare giapponese ben più grave della catastrofe accaduta a Cernobyl. I livelli di plutonio sono ancora bassi, ha cercato di minimizzare il governo di Tokyo, ma mettono a rischio i tecnici impegnati alla messa in sicurezza dell’impianto e potrebbero presto minacciare la salute collettiva del Paese. Il plutonio è una delle sostanze più tossiche conosciute dall’uomo, poiché chimicamente velenosissima e altamente cancerogena. Tumori, sterilità  e immunodeficienze: sono questi i rischi in caso di esposizione. Quello scoperto a Fukushima potrebbe essere uscito dalle barre di combustibile esausto per i danni al reattore numero 3, oppure aver trovato una via di fuga dagli impianti di areazione o da qualche valvola. Se domenica erano state rinvenute tracce di plutonio in cinque punti del suolo sottostante alla centrale, ieri una sua contaminazione è stata registrata anche all’esterno dell’impianto. La Tepco, società  che gestisce Fukushima, ha dichiarato che la scoperta di questo elemento potrebbe segnalare una falla nel meccanismo di contenimento del reattore. Un dato, questo, che aumenta considerevolmente il rischio di danni ambientali e che dovrebbe portare a un innalzamento del livello di gravità  dell’incidente. Nel suo intervento dinanzi alla commissione Bilancio della Camera alta, il premier Naoto Kan ha anche dichiarato che la situazione a Fukushima resta “imprevedibile”, perché i sistemi di raffreddamento di molti reattori sono guasti e le fughe radioattive si sono moltiplicate dal giorno del sisma. E il capo di gabinetto si è spinto oltre: «L’uso dell’energia pulita sarà  alla base dei piani di ricostruzione delle aree devastate». Quanto all’acqua contaminata, i problemi maggiori sono segnalati al reattore 2 dove la radioattività  ha raggiunto una soglia pari a quattro volte il livello massimo annuale a cui può essere esposto un lavoratore in condizioni d’emergenza. È stato perciò ridotto il volume dell’acqua iniettata nel reattore, in modo da alleviare la pressione sui serbatoi e contenere le perdite. Il che ha tuttavia provocato un immediato aumento della temperatura. In queste ore sono attesi in Giappone due tecnici della Areva, il colosso francese dell’energia nucleare, che dovranno aiutare i loro colleghi della Tepco a rimuovere il materiale contaminante contenuto nell’acqua del reattore 2 grazie a un piccolo super-robot resistente ad alti livelli di radioattività . Secondo un alto funzionario del settore “Ricerca e sviluppo” di Areva, che abbiamo sentito per telefono ieri mattina a Parigi, e che chiede di mantenere l’anonimato, lo scenario della centrale giapponese è potenzialmente apocalittico. «Tra quattro o cinque giorni sapremo se la fusione del nocciolo del reattore 3 avrà  bucato per eccesso di calore il cemento che lo racchiude. Nel qual caso, il plutonio e il cesio radioattivo raggiungeranno facilmente le falde acquifere della regione, con conseguenze bibliche». Intanto, la Tepco non riesce a contenere alla Borsa di Tokyo i massicci ordini di vendita delle sue azioni. Sulla prima utility nipponica è anche pesata l’indiscrezione riportata ieri dallo Yomiuri Shimbun, secondo cui il governo sta valutando l’ipotesi di una sua nazionalizzazione temporanea. Una decisione forse necessaria vista l’enorme cifra di indennizzi che l’azienda dovrà  corrispondere a causa della fuga radioattiva da Fukushima. Sempre ieri, l’Organizzazione mondiale della Sanità  ha definito “grave” la contaminazione radioattiva di molti prodotti alimentari giapponesi. «Le radiazioni hanno un pesante impatto sulla catena alimentare, perché le particelle rilasciate nell’atmosfera hanno contaminato cibo e bacini idrici», ha spiegato Peter Cordingley, portavoce dell’Oms. «Il problema è più grave di quanto si pensasse all’inizio, e supera di gran lunga la trentina di chilometri immaginati dalle autorità  di Tokyo. Pensiamo quindi che prodotti contaminati potrebbero aver raggiunto altri Paesi». Perciò Cina e Corea del Sud sono corsi ai ripari, intensificando i controlli sui cibi provenienti dal Giappone.


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