Il movimento sciita ha confermato con i fatti quanto aveva detto due giorni fa il suo leader, Hassan Nasrallah: le armi non verranno abbassate sino a quando Israele non cesserà la sua offensiva contro Gaza. Una raffica di razzi ieri mattina si è abbattuta sulle aree di Netua e Manara e una importante base militare a Safad, in alta Galilea, uccidendo una soldata di 20 anni. Feriti altri sette israeliani.

Dopo l’attacco l’aviazione israeliana ha martellato il Libano del sud, uccidendo una donna e i suoi due figli – uno dei quali un bimbo di un anno – e un ufficiale di Hezbollah. Mentre al nord si intravedeva l’inizio di una nuova guerra, Benyamin Netanyahu confermava di voler continuare l’offensiva a Gaza.

Il premier ha posto il veto alla partecipazione dei capi dell’intelligence israeliana al terzo round di colloqui al Cairo – con Usa, Egitto e Qatar – sulla tregua sostenendo che non ha senso esserci finché Hamas non rinuncerà alle sue principali richieste, come il rilascio di un gran numero di prigionieri politici palestinesi in cambio della liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza.

Sempre ieri, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen, riemergendo da settimane di silenzio, si è rivolto ad Hamas esortandolo a raggiungere un compromesso con Israele per evitare l’attacco militare israeliano alla città di Rafah e lo sfollamento di centinaia di migliaia di civili. Un appello che, dicono fonti a Gaza, il movimento islamico avrebbe letto come un invito alla resa.

I raid aerei di Israele sul Libano del sud sono stati tra i più violenti degli ultimi mesi. Hanno preso di mira la periferia delle città di Iqlim al Tuffah, Sanya, Zhalta e Buslayya, Nabatiyeh, Shehabiyeh.

A Sawaneh nei pressi di Marjayun, tre civili – un bambino di due anni, un adolescente di 13 e una donna – sono stati uccisi da una bomba caduta sulla loro casa.

Poco dopo un drone ha centrato a Bint Jbiel l’auto con a bordo Muhammad Alouya, un comandante di Hezbollah nella regione di Maroun al Ras. Almeno nove persone sono rimaste ferite ad Adshit. Dal 7 ottobre, almeno 247 persone sono state uccise in Libano, la maggior parte delle quali combattenti di Hezbollah ma anche 33 civili. In Israele sono stati uccisi 11 soldati e cinque civili.

Alcuni pensano di poter raggiungere obiettivi che non sono riusciti a raggiungere in passato, ma la Resistenza è e sarà presente su tutti i frontiÈ stato perentorio il presidente del Comitato esecutivo di Hezbollah, Hashem Safieddin, quando ieri pomeriggio ha avvertito che gli attacchi israeliani «non rimarranno senza risposta». Secondo Safieddin «Alcuni immaginano di poter raggiungere obiettivi che non sono riusciti a raggiungere, né nel 2006, né tra il 2006 e il 2023». Ma, ha avvertito, «ancora una volta si sbagliano…il nemico non raggiungerà nessuno dei suoi obiettivi perché la Resistenza è e sarà presente, forte e pronta, su tutti i fronti». Si è riferito alle richieste fatte dal gabinetto di guerra israeliano e all’iniziativa francese per riportare la calma al confine tra il Libano e lo Stato ebraico.

Tutto questo, spiegava ieri il quotidiano di Beirut, Al Akhbar, vicino a Hezbollah, nascerebbe dall’idea che Israele sia il vincitore del conflitto in corso e che, pertanto, il movimento sciita dovrà fare concessioni perché «sconfitto». Secondo il giornale, la Francia sta cerca affermare un suo ruolo di mediazione tra Israele ed Hezbollah. In realtà, aggiunge, non farebbe altro che rappresentare le condizioni poste da Tel Aviv.

Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri francese Stephane Sigourney è arrivato a Beirut, portando la proposta di Parigi. Il documento di due pagine dal titolo «Accordi di sicurezza tra Libano e Israele» punta, con un processo in tre fasi, all’applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che chiuse la guerra del 2006 tra Israele ed Hezbollah.

In particolare, all’arretramento delle posizioni e delle armi del movimento sciita di 10 chilometri dalla Linea Blu, il confine tra i due paesi, assieme al dispiegamento di 15.000 soldati dell’esercito libanese in ogni zona a sud del fiume Litani.

In cambio, Israele cesserebbe i suoi attacchi. Hezbollah vede questa proposta come una «resa totale» alle condizioni del suo nemico e rifiuta l’iniziativa francese e le altre, sostanzialmente simili, presentate da altri paesi occidentali.

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In Israele, intanto, più voci invocano una nuova invasione del Libano. Il capo del consiglio regionale di Merom HaGalil, Amit Sofer, ha invitato le forze armate a colpire con forza Hezbollah, dalla linea di confine fino al fiume Litani. Il ministro della Sicurezza, Itamar Ben Gvir (ultradestra), ha parlato di una guerra già in atto anche al nord e da combattere senza esitazioni.

A Gaza, senza alcuna prospettiva concreta di un cessate il fuoco, l’offensiva israeliana prosegue senza sosta. E sebbene gli Stati Uniti, così almeno afferma il Wall Street Journal, starebbero conducendo indagini su alcuni attacchi condotti da Israele a Gaza, nei quali sarebbero rimasti uccisi centinaia di civili, l’Amministrazione Biden non ha alcuna intenzione di condannare o sanzionare Netanyahu e il suo gabinetto di guerra se decideranno di attaccare Rafah senza alcuna protezione per il milione e quattrocentomila sfollati e civili che si trovano nella città palestinese al confine con l’Egitto. Lo scrive Politico citando alti funzionari della Casa Bianca.

Le forze israeliane hanno di nuovo colpito la parte orientale di Rafah e Khan Younis, dove circondano i due principali ospedali. Un attacco aereo su una casa nel campo profughi di Nusseirat ha ucciso sei persone.

Il totale dei morti palestinesi dal 7 ottobre è salito a 28.576 di cui 103 nelle ultime 24 ore. In Cisgiordania, soldati israeliani hanno ucciso un palestinese ad Hebron mentre a Silwan (Gerusalemme Est) è stata demolita la casa di un attivista. Israele ieri ha approvato l’uso dei servizi Starlink – la rete satellitare di Elon Musk – per aiutare le comunicazioni a Gaza.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto