Bce, risale la candidatura di Draghi l’Ecofin chiede più sacrifici al Portogallo

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BUDAPEST – Più aumenta il numero di Paesi che fanno ricorso al Fondo europeo salva-Stati, più il compito dei ministri Ecofin, costretti a fare da tutori a bilanci in amministrazione controllata, si fa complesso. E intanto comincia a premere la scadenza della nomina del successore di Trichet alla Banca centrale europea: una scelta che, ha spiegato ieri il ministro delle finanze tedesco, Schauble, dovrà  essere acquisita entro giugno. La riunione Ecofin non ha affrontato apertamente la questione della sostituzione di Trichet alla Banca centrale. «La Ue continua a cercare candidati idonei e disponibili», ha detto il presidente di turno dell’Ecofin, l’ungherese Gyorgy Matolcsy. E lo stesso ministro Tremonti ha confermato che l’argomento non è stato sollevato. Tuttavia i tempi cominciano a farsi stretti, perché la decisione dovrà  essere presa dai capi di governo al vertice europeo di giugno. E, per il momento, l’unico nome che continua a girare è quello del governatore di Banca d’Italia, Mario Draghi. Il giorno dopo la decisione di aiutare il Portogallo, senza governo e in piena campagna elettorale, già  il commissario agli affari economici, Olli Rehn, è stato costretto a mandare un duro segnale alle forze politiche portoghesi. «Per il bene del Portogallo e per il bene dell’Europa, preferirei non dover dialogare tutti i giorni pubblicamente con i dirigenti di quel Paese». E il governatore della Banca centrale, Trichet, è venuto a dargli man forte: «Cominciamo fin d’ora a lavorare con calma e rapidamente al piano di risanamento portoghese, senza una discussione quotidiana in piazza: concentriamoci sul lavoro da fare». Ma non sarà  facile. L’Ecofin vuole che il programma di risanamento delle finanze portoghesi, molto più duro di quello su cui è caduto il governo dimissionario, venga accettato preventivamente da tutti i partiti politici. Ieri i ministri Ecofin sono riusciti in compenso ad evitare di affrontare il problema di un alleggerimento degli oneri del prestito concesso all’Irlanda. Ma hanno dovuto far fronte ad un vero assalto mediatico sulla sostenibilità  del debito greco, dopo che i giornali tedeschi avevano risollevato l’ipotesi che Atene non sia in grado di far fronte ai propri impegni e che si debba presto o tardi prevedere una ristrutturazione del debito sovrano della Grecia. L’idea è stata ancora una volta respinta con fermezza. «Escludiamo una ristrutturazione», ha detto Rehn, «c’è un programma solido e lavoriamo sulla base di questo programma che contiene una analisi molto accurata della sostenibilità  del debito». Ieri infine i ministri, confrontati ad una dimostrazione dei sindacati europei contro i tagli alla spesa che ha riunito a Budapest decine di migliaia di manifestanti, hanno difeso la scelta del rigore e del risanamento dei conti pubblici. Da Rehn, alla spagnola Salgado, al belga Reynders, tutti hanno espresso comprensione per il malcontento dei lavoratori, ma hanno spiegato che i tagli sono necessari «per rilanciare la crescita e per poter mantenere in vita lo stato sociale», anche se Trichet ammonisce: «In Europa abbiamo un livello di disoccupazione inaccettabile».


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