Dopo il nucleare, l’acqua: Governo contro i referendum

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L’offensiva del governo contro il voto popolare è dunque iniziata. Dopo la primamossa sul nucleare – anticipata dalla moratoria di un anno, che non aveva eliminato la voglia di votare dopo Fukushima – ieri il ministro dello sviluppo economico Paolo Romani ha annunciato un intervento governativo sul tema delle risorse idriche, al fine di smontare anche il referendum sull’acqua pubblica. Il giorno prima Federutility – l’associazione di categoria che riunisce le società  private che gestiscono l’acqua – spaventata dall’onda crescente di consenso sui referendum, aveva quasi implorato una mossa preventiva da parte dell’esecutivo. Lo scippo del voto, in definitiva, rimaneva l’ultima arma da usare per difendere i capitali speculativi pronti a conquistare l’acqua italiana. Quale sia la posta in gioco lo spiegano i numeri della principale corporation dell’acqua, la romana Acea. Martedì scorso – mentre Federutility chiedeva l’intervento anti referendum – l’assemblea dei soci di Acea Ato 2 spa (la società  che gestisce l’acqua nella provincia di Roma) annunciava l’utile record di 58,9 milioni di euro, per il solo 2010. Una cifra che colpisce, visto che lo scorso anno decine di comuni del Lazio serviti da Acea si sono trovati a far fronte all’emergenza arsenico, scoppiata dopo sei anni di deroghe e di mancati lavori. La provincia di Roma – che rappresenta la quota minoritaria dei comuni serviti – per il secondo anno aveva proposto di destinare metà  dei dividendi agli interventi urgenti sulle reti idriche, ma la risposta dei principali soci (comune di Roma, Caltagirone e Suez) è stata netta: non se ne parla nemmeno. I profitti non si toccano, costi quel che costi. La cifra record di quasi 60 milioni di euro deriva direttamente dalla remunerazione del capitale garantita per legge fin dal 1994, quando la legge Galli introdusse la gestione industriale delle risorse idriche. Una legge che il secondo quesito presentato dai movimenti per l’acqua pubblica vuole abrogare, bloccando di fatto l’introduzione dei fondi speculativi nella gestione degli acquedotti. Il mercato idrico italiano è dunque il vero tesoretto che Tremonti vorrebbe offrire sul mercato internazionale, dove le principalimultinazionali dei servizi sono pronte ad allearsi con le società  italiane specializzate in infrastruture. La privatizzazione ancora incompiuta che il decreto Ronchi punta ad ampliare in tutto il paese, insieme ai progetti nucleari e ad alcune grandi opere, è il vero motore del governo Berlusconi. Il referendum sull’acqua non è un voto qualsiasi. All’appuntamento di giugno i movimenti sono arrivati con un milione e quattrocentomila firme, cifra record nella storia italiana. Dietro l’iniziativa referendaria c’è una rete di centinaia di comitati locali, con almeno cinque anni di mobilitazione capillare, continua, ormai strutturata. L’azzardo del governo è per questo ancora più rischioso: «Mentre tentano lo scippo del referendum sul nucleare – scippo tutto da verificare, visto che devono ancora pronunciarsi un ramo del Parlamento e la Corte di Cassazione – il governo e i poteri forti di questo Paese vogliono provare a fare lo stesso con i due referendumsull’acqua », è l’allarme che ieri ha subito lanciato il comitato referendario per i due si per l’acqua bene comune. «Alle tuonanti dichiarazioni di ieri del Presidente di Federutility, Roberto Bazzano, che ha chiesto espressamente un intervento legislativo per fermare i referendum sull’acqua – ha proseguito il comitato – ha risposto ilministro Romani con l’apertura a un approfondimento legislativo ad hoc». Immediata la reazione anche del presidente dei Verdi Angelo Bonelli: «È in atto – ha dichiarato ieri – un gravissimo esproprio di democrazia e dei diritti che la Costituzione assegna ai cittadini attraverso lo strumento del referendum ». Per Stefano Leoni del Wwf gli annunci di Federutility e delministro Romani «confermano la convergenza tra interessi economici e politici nel far saltare, oltre a quello sul nucleare,


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