Libia, i reporter trovano foto di torture. Raid ‘chirurgici’ della Nato a Misurata

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TRIPOLI – Il regime di Gheddafi ribadisce di essere pronto al dialogo con gli insorti se smetteranno di combattere. I ribelli “devono deporre le armi. Successivamente potranno partecipare al processo politico”, ha detto il vice ministro degli Esteri di Tripoli, Khaled Kaim. Secondo il diplomatico libico, il consiglio nazionale di transizione (Cnt), in ogni caso, “non rappresenta la base popolare in Libia”, ma potrebbe contare su tutte le “garanzie” necessarie “per ogni processo politico” anche grazie all’intervento di “osservatori dell’Unione africana e dell’Onu capaci di dissipare ogni dubbio”. Kaim ha detto che il comitato del’Oua sulla Libia è atteso a Tripoli “la settimana prossima”. Questo comitato è formato dai capi di Stato Mohamed Ould Abdel Aziz (Mauritania), Amadu Tumani Tourè (Mali), Denis Sassu Nguesso (Congo), Jacob Zuma (Sudafrica) e Yoweri Museveni (Uganda).

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Le foto delle torture ai ribelli.
Ma è tempo di bilanci e ora cominciano a emergere dettagli di quel che la battaglia sul campo ha significato. Ne sono testimoni i giornalisti stranieri condotti in “tour” dal regime a Zawiyah, città  dell’ovest riconquistata poche settimane fa, che per caso hanno trovato in una caserma foto che documentano le torture commesse dagli uomini del Colonnello contro gli insorti. Come scrive l’inviato del New York Times, nelle foto sono ritratti uomini seminudi che portano sul corpo segni e cicatrici, altri con le mani legate dietro la schiena, altri ancora in una pozza di sangue.

In altre foto si vedono le armi bianche usate dai torturatori, tra cui bottiglie rotte e polveri. Le foto sono state scoperte per caso durante il giro per i giornalisti organizzato proprio dagli uomini del regime, per mostrare la devastazione di Zawiyah, città  in cui si è combattutto per una settimana e dove la “restaurazione” è stata particolarmente distruttiva. Completamente rasa al suolo la moschea dove gli insorti avevano installato il loro quartier generale, distrutto il cimitero delle loro vittime. Le notizie di feroci torture contro i ribelli circolano da tempo. Le emittenti satellitari arabe hanno raccolto le testimonianze di diversi prigionieri sfuggiti ai lealisti. Ha fatto scalpore il caso di Eman al-Obeidi, la donna arrestata il 26 marzo a Tripoli dopo aver accusato 15 uomini di Gheddafi di averla stuprata per due giorni a causa del suo impegno per i diritti umani. La donna è stata liberata all’inizio della settimana, ma afferma di essere tuttora sotto minaccia.

Le operazioni militari della Nato. “Stiamo operando in maniera chirurgica per evitare di colpire i civili usati come scudo”, ha detto il contrammiraglio Russ Harding, vicecomandante della Operation Unified Protector della Nato in Libia. “E’ difficile agire, per gli aerei, perché dall’alto la visibilità  non è ottimale – ha affermato il contrammiraglio -. In questo caso è preferibile evitare di sganciare bombe”. La priorità , come ha ribadito, è “proteggere la popolazione”, anche se “è difficile farlo” se i civili “sono circondati” da carri armati. Per questo è difficile proteggere Misurata. Ma oggi un numero imprecisato di veicoli pesanti e carri armati delle forze governative libiche sono stati distrutti da velivoli Nato. Harding ha ribadito proprio che i carri armati “rappresentavano una minaccia per la popolazione civile. Esiste un limite fisico a quello che possiamo fare in caso vengano usati i civili come scudi, ma ciò non significa che non abbiamo l’intenzione, la potenza e la volontà  di agire”. “Attaccheremo qualunque forza intenda colpire la popolazione civile – ha continuato Harding – ricordo che è stato il colonnello Gheddafi a dichiarare che non avrà  nessuna pietà  per il suo stesso popolo, e che i suoi militari hanno bombardato civili e città , e continuano a minacciare innocenti”

Se la Francia è stato il Paese che più di ogni altro ha spinto per l’intervento, è stato proprio il ministro degli Esteri Juppè ad ammettere le difficoltà  dell’azione a Misurata: “Lì la situazione è meno chiara, rischiamo di impantanarci” e ha preannunciato un incontro con il segretario della Nato Rasmussen per discuterne. Ieri i ribelli avevano accusato l’alleanza di “lasciar morire Misurata”, dopo che un barcone con armi e rinforzi era stato bloccato mentre cercava di raggiungere la città  assediata da Bengasi. Harding ha sottolineato che “sono state intraprese azioni importanti nella zona di Misurata e nelle mille miglia di lunghezza della costa libica siamo noi a dominare. Se in un paio di aree non ci hanno ancora visto, questo può aver causato una mancanza di fiducia nei nostri confronti, ma teniamo d’occhio cosa succede in Libia ogni minuto, ogni giorno”.

Il versante diplomatico. Un vertice Italia-Francia è previsto per il 26 aprile a Roma: al centro del ‘bilaterale’ fra Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi, vi saranno la questione libica ma anche il tema dell’immigrazione, e più in generale i rapporti fra i due Paesi. Alla crisi libica è dedicata la riunione del consiglio dei ministri convocata a Palazzo Chigi. Con il premier Berlusconi ci sono i ministri degli Esteri Franco Frattini, dell’Interno Roberto Maroni, della Difesa Ignazio La Russa, della Giustizia Angelino Alfano, del Welfare Maurizio Sacconi, dei Trasporti Altero Matteoli, dello Sviluppo Economico Paolo Romani e della Salute, Ferruccio Fazio.


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