Picchiarono a morte un clochard, chiesti 12 anni per i due agenti Polfer

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Quindi, 12 anni di reclusione. Questa, a sorpresa, la richiesta del pm di Milano Isidoro Palma al termine della sua requisitoria al processo ai due agenti della Polfer accusati di aver pestato a morte un clochard il 6 settembre del 2008. Secondo l’accusa, i due poliziotti avrebbero picchiato con violenza, fino a ucciderlo, il senzatetto Giuseppe Turrisi di 58 anni, all’interno degli uffici della Polfer alla Stazione Centrale di Milano. Stando alle indagini i due agenti, per alcuni diverbi avuti in precedenza con l’uomo, quella sera avrebbero portato il senzatetto negli uffici e lo avrebbero pestato provocandogli la rottura della milza. Poi l’uomo, a seguito di un versamento di sangue nell’addome, è morto.

REATO DERUBRICATO – I due giovani poliziotti, Domenico Romitaggio, e Emiliano D’Aguanno, erano stati arrestati il primo aprile 2009, con l’accusa di omicidio volontario, un’accusa che è rimasta a carico dei due giovani per tutto il dibattimento, ma oggi il pm, concludendo la requisitoria, ha derubricato il reato in omicidio preterintenzionale. Lo stesso avevano fatto, due anni fa, i giudici del Tribunale della Libertà , affermando che il quadro indiziario non consente di sostenere che ci sia stata un’effettiva previsione, da parte degli indagati, della morte come possibile conseguenza dei colpi sferrati. I due avevano così ottenuto gli arresti domiciliari.

LA RICOSTRUZIONE – I due agenti si sono sempre difesi sostenendo di non aver mai aggredito il senzatetto. Hanno detto di averlo accompagnato perché ubriaco al commissariato, dopo aver ricevuto una segnalazione da parte di alcuni viaggiatori su una discussione animata vicino a piazza IV Novembre. Poi hanno ammesso solo una breve colluttazione con il 58enne, perché avrebbe estratto un taglierino che poi è stato effettivamente sequestrato, ma che alla procura non risulta aver impugnato in quella occasione. Oggi il pm ha definito la versione degli imputati un’«alterazione della verità ». Falsi sarebbero i rapporti stesi sull’intervento, sull’orario e sul coltello di Turrisi. L’accusa ha sottolineato che i filmati della telecamera comunale puntata sulla piazza quella sera mostrano un gruppo di persone accanto a delle bottiglie. Tra loro lo stesso Turrisi, noto per trascorrere le sue giornate alla stazione Centrale e le notti al dormitorio di viale Ortles. Sempre i filmati mostrano i due poliziotti avvicinarsi e indicare le bottiglie durante una discussione. Quindi uno dei due fa un cenno al senzatetto che si allontana con gli agenti. Tre minuti dopo il terzetto riappare nei filmati di un’altra telecamera puntata sull’ingresso del commissariato, mentre entra nell’edificio. La stessa telecamera 35 minuti dopo mostra Turrisi uscire dalla stessa porta su una barella. Nella notazione di servizio gli agenti hanno poi scritto di aver chiamato il 118 perché il 58enne, dopo la colluttazione, avrebbe lamentato dei dolori al cuore. Ma l’esame autoptico ha rilevato che aveva la milza spappolata.

L’AUTOPSIA – «Se non fosse stata disposta l’autopsia dal pm di turno, oggi non saremo qui a processo – ha spiegato il pm nella requisitoria -, perché nell’annotazione redatta dai due agenti su quella sera si dava notizia solo di un barbone che si era sentito male e poi era morto». Il pm ha chiesto che i giudici della prima Corte d’Assise non concedano le attenuanti generiche ai due imputati, accusati anche di falso e calunnia. Il magistrato ha riportato anche una frase che, stando ad una testimonianza, uno dei due poliziotti avrebbe detto riferendosi al clochard, che da 3 anni circa passava le sue giornate alla Stazione Centrale: «Questo coglione mi ha rotto le palle». Il prossimo 29 aprile parlerà  il legale delle parti civili (il figlio, la sorella e lo zio del clochard) e del responsabile civile (il Ministero dell’Interno). Il 17 maggio la parola alle difese e il 17 giugno potrebbe arrivare la sentenza.


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