“Canone, la Rai acquisisca i dati di chi compra un nuovo televisore”

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ROMA – Pur di evadere il canone Rai, gli italiani le hanno inventate tutte. Raccontano i magistrati della Corte dei conti che ogni anno 12 mila persone scrivono alla Guardia di Finanza per chiedere il “suggellamento” dell’apparecchio tv. In sostanza, queste persone pregano le autorità  preposte di sigillare loro il televisore. I 12 mila italiani maturano, in questo modo, il diritto a non pagare più il canone delle televisione pubblica, che è una imposta collegata al possesso e all’uso dell’apparecchio. E la Finanza, come si regola? Impegnata in missioni ben più importanti, i finanziari non trovano il modo di fare quello che prevede il Regio Decreto numero 246 del 1938 (scritto, peraltro, in un epoca in cui c’era solo la radio e la Rai neanche esisteva). Si guardano bene, insomma, dall’andare a casa delle persone per “suggellare” e per “insaccare” il televisore, come legge vorrebbe. Grazie a questo stratagemma, 12 mila famiglie si uniscono ogni anno all’allegra brigata degli evasori del canone Rai. Una brigata che è davvero affollata in regioni come la Campania o la Sicilia, dove oltre il 40% delle famiglie non versa l’imposta. Per la Corte dei conti, il malcostume nazionale dell’evasione non va più tollerato ora che le perdite della Rai si attestano a 79,9 milioni (nell’anno 2009) e rischiano di diventare strutturali. Come uscirne? La Corte dei conti – nella sua ultima relazione sullo stato di salute, o forse di malattia, della tv di Stato – sembra fare proprie alcune delle soluzioni che la Rai stessa ipotizza. Punto primo: cancellare il Regio Decreto del 1938 e questa bizzarra scorciatoia del “suggellamento”. Secondo: convincere Sky e Mediaset Premium a trasmettere al Fisco nomi e cognomi dei loro abbonati. Tutti possessori certi di un televisore e tutti obbligati, dunque, a versare il canone Rai. La terza soluzione è già  praticata dalla televisione pubblica, forse con poca convinzione. La Rai dovrebbe acquisire i dati di ogni persona acquisti un apparecchio tv. D’altra parte, una sentenza della Corte di Appello di Roma (del 3 maggio 2010) considera legittima l’acquisizione, che non violerebbe la privacy. La relazione della Corte dei conti sulla Rai spinge qualche esponente del centrosinistra a bersagliare il direttore generale in carica, Mauro Masi. Il quale risponde con stizza: «La consueta e triste compagnia di giro dimentica di dire che la relazione della Corte si riferisce ai bilanci 2008 e 2009 mentre io sono entrato in carica solo nel maggio del 2009».


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