Camorra, preso il numero due dei casalesi

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CASERTA – Un sorriso sarcastico ai fotografi, il pollice alzato e un applauso ai poliziotti che dopo ore di stress, il volto ancora coperto da passamontagna, esultavano per la cattura. «Su di me si dicono solo favole», ha affermato Mario Caterino, numero 2 del clan camorristico dei Casalesi, agli investigatori che lo hanno arrestato dopo una fuga durata sei anni. «Dove sono stato? In tutto il mondo», ha replicato ai microfoni del Tg1 prima di essere condotto in carcere. Ma lo hanno trovato a Casal di Principe, nell’appartamento di un operaio incensurato distante solo 500 metri dagli uffici investigativi della polizia. E le favole non c’entrano. Perché con il blitz scattato venti minuti dopo mezzogiorno si volta un’altra pagina del romanzo di sangue dei Casalesi, la cosca di Gomorra messa alle corde dalla straordinaria pressione investigativa degli ultimi anni. «Prima o poi doveva succedere», ha detto agli agenti che hanno fatto irruzione nella casa dove gli avevano riservato una stanza con due letti. Caduta la testa di Caterino, 54 anni, due figli di cui uno concepito durante la latitanza, resta davvero un solo latitante, nella gerarchia dell’organizzazione malavitosa capace di estendere le sue ramificazioni dalla provincia di Caserta in tutto il mondo: Michele Zagaria. Un gradino più sotto c’era Caterino, condannato all’ergastolo nel processo “Spartacus” per l’omicidio di Vincenzo Di Falco, commesso nel 1991, e inseguito anche da un’ordinanza emessa nel 2008 nell’indagine denominata “Spartacus 3”. Gli ha dato la caccia un pool di magistrati, il procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho e i pm Antonio Ardituro, Giovanni Conzo, Raffaello Falcone, Catello Maresca e Cesare Sirignano, e un gruppo di investigatori della questura di Caserta diretta dal questore Guido Longo con la squadra mobile guidata da Angelo Morabito e la sezione di Casal di Principe guidata da Alessandro Tocco. Al blitz hanno collaborato lo Sco, la squadra mobile di Napoli e l’esercito. Venti uomini hanno circondato l’appartamento e un elicottero ha sorvolato la zona volando bassissimo (e infatti una donna, affacciata a un balcone, è rimasta contusa da una tegola caduta per lo spostamento d’aria) vanificando così il tentativo di fuga attraverso i tetti, ultima carta giocata, invano, da Caterino. Non aveva armi né cellulare ma solo una borsa con indumenti. L’unico telefonino è stato sequestrato al proprietario dell’immobile, Crescenzo Della Corte, 41 anni, nessun precedente, arrestato per favoreggiamento. Nel covo Caterino era arrivato al massimo un paio di giorni e si sarebbe allontanato forse già  ieri sera verso un’altra destinazione, sempre nella zona di Casal di Principe. Scelta dettata non solo per dall’esigenza di vedere la moglie, dalla quale ha avuto due figli, uno dei quali durante la latitanza. Ma soprattutto dalla necessità  di incontrare i fiancheggiatori attraverso i quali gestiva l’organizzazione, comunicando con l’unico mezzo rimasto, i «pizzini» che quasi sempre vengono dati alle fiamme subito dopo la consultazione. Altro che fuga «in tutto il mondo», dunque. In un momento difficile per il clan, doveva restare sul territorio, forse anche per mantenere i collegamenti con Zagaria. «Non lo conosco», ha sostenuto Caterino al Tg1. Ma adesso l’ultimo inafferrabile è un po’ più solo. «Sono sicuro che le forze dell’ordine mi faranno l’ultimo regalo, arrestando Zagaria», auspica il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore. Allora, sì, il romanzo di sangue dei Casalesi sarà  più vicino alla conclusione.


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