I ribelli: “Gheddafi nascosto nel deserto”. L’Onu chiede il cessate il fuoco immediato

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Ha forse ragione il vescovo di Tripoli, monsignor Martinelli, quando dice che Gheddafi è ancora vivo, poiché in Libia non si è scorto nessun segnale di lutto legato alla sua scomparsa. Ma con il passare dei giorni cresce il mistero sulla sorte del Colonnello, che non appare in pubblico dal 30 aprile scorso, quando un bombardamento aereo della Nato uccise suo figlio Saif el-Arab, assieme a tre suoi nipotini. C’è anche chi lo immagina ferito, sostenendo che c’era anche lui la sera che il razzo dell’Alleanza centrò l’abitazione di Saif. 
Ma Gheddafi potrebbe aver lasciato Tripoli, o addirittura il Paese: ieri mattina, gli insorti di Bengasi hanno pubblicato sulla loro pagina Facebook la notizia, difficilmente verificabile, che egli si nasconderebbe nello sconfinato deserto libico, in una tenda montata nella regione di Ash Shurayf. La Nato non sa dove si trovi il Colonnello, e a sbrogliare la matassa non è d’aiuto neanche il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il quale ai giornalisti che ieri gli hanno chiesto se aveva notizie del leader di Tripoli, ha risposto così: «No, non l’ho sentito».
A Misurata intanto i rivoltosi hanno conseguito un nuovo, importante successo militare: dopo aver, due giorni fa, sfondato verso Ovest l’assedio che li cinge da nove settimane, ieri hanno assunto il pieno controllo dell’aeroporto, nel settore orientale della città , dopo avervi in precedenza intrappolato le forze governative. I lealisti hanno abbandonato i loro carri armati, immediatamente incendiati dagli insorti, mentre centinaia di persone celebravano la vittoria nelle strade della città . Sempre ieri, Tripoli è stata nuovamente colpita da pesanti raid aerei dell’Alleanza atlantica. 
In questo quadro, in cui per la prima volta la situazione sembra volgere a sfavore delle truppe lealiste, è difficile che le i ribelli accettino il cessate-il-fuoco chiesto alle parti dal segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, che ha anche intimato, rivolgendosi stavolta solo ai gheddafiani, di porre fine agli attacchi contro i civili. Gli insorti hanno replicato che non è il momento per una tregua, perché non si fidano di Gheddafi «che non la rispetta mai».
Le rivolte contro il regime si starebbero peraltro estendendo anche alla capitale, dove secondo il Consiglio nazionale di transizione di Bengasi, «ogni giorno si producono scontri violenti». Due giorni fa è stata la volta di Suk Jumaa e Al Qabda, due sobborghi di Tripoli già  teatro nei mesi scorsi di manifestazioni anti-regime. Secondo le forze democratiche del Paese, le proteste si starebbero allargando a macchia d’olio soprattutto nella capitale, dove gli studenti hanno ieri distribuito volantini inneggianti all’insurrezione popolare e sventolato bandiere della nuova Libia. 
Intanto, per meglio prestare assistenza agli insorti libici e al loro governicchio, l’Unione europea ha annunciato che aprirà  a Bengasi un ufficio di rappresentanza. Lo ha detto a Strasburgo Lady Catherine Ashton, alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dei Ventisette, affermando che l’Europa intende contribuire alla «costruzione di una piena democrazia» in Libia. E l’inviato speciale delle Nazioni unite per la Libia, l’ex ministro giordano Abdelilah al Khatib, tornerà  nel Paese nei prossimi giorni, per ottenere il cessate-il-fuoco richiesto dal segretario Ban Ki-moon.


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