Il destino di Napoli

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Il governo trema. Vede crescere un’onda che attraversa l’intero Paese e si manifesta in molteplici espressioni, ma con un evidente punto comune. È un’onda che dice: il nostro Paese ci riguarda. Da Milano a Napoli, entrambe città  chiave, sembra scomparsa l’apatia solita che allontana dalle decisioni e dalla volontà  di capire cosa accade.
Deve essere chiaro a tutti, indipendentemente da quale sia l’idea politica di chi oggi vota a Napoli, che la candidatura di Gianni Lettieri rappresenta la continuità  con la gestione di Nicola Cosentino. Non è solo il rapporto di vicinanza o il fatto che il candidato sindaco si presenti accompagnato da «Nicola o’ Mericano», come lo chiamano a Casal di Principe. Ma la continuità  tra i due è espressa dal programma, dal linguaggio, dalle posizioni sulle questioni economiche e amministrative del territorio.
È palese il rischio che Nicola Cosentino diventi il satrapo della Campania. Ci aveva provato quando tentò di diventare presidente della Regione.
Allora Cosentino tentò di delegittimare, secondo le intercettazioni dell’inchiesta sulla P3 della Procura di Roma, il suo rivale Stefano Caldoro, ma i finiani lo bloccarono. Tale rinuncia è stata l’unica battuta d’arresto nella carriera del politico casalese, ancora coordinatore regionale del Pdl in Campania e fino al luglio 2010 sottosegretario all’economica e finanza. Eppure ci si domanda come sia possibile che un politico che si divide tra processi e campagna elettorale, su cui pende una richiesta d’arresto per concorso esterno in associazione mafiosa, imparentato (senza mai pubblicamente prenderne le distanze) con una delle famiglie più potenti della camorra, promotore di una politica che nei fatti non ha mai avuto un programma in contrastato con gli interessi criminali, sia così fortemente sostenuto dal governo e dal maggior partito di governo. Come mai gli è concesso di presentarsi come «sponsor» – scelta che sembra assurda sotto il profilo di una strategia d’immagine vincente – di un candidato che deve affrontare come rivale un ex magistrato, Luigi de Magistris?
Sembra che Cosentino abbia legato a sé il governo, ecco perché può decidere il candidato a sindaco di Napoli, così come ricevere il sottosegretariato più ambito. Sa di essere una pistola puntata alla tempia dell’esecutivo. In mano sua ci sono molti voti facili, quelli dell’economia del cemento, dei muratori, dei geometri, dei capimastri, dei carpentieri e delle betoniere, di tutti coloro che senza appalti non vivono. Voti preziosi per il governo, per tamponare le perdite avute altrove. E poi il potere più prezioso: i rifiuti. L’impero dell’immondizia in Campania si regge su un equilibrio quanto mai fragile. Per mandarlo in tilt basta una sua parola. È comprensibile dunque perché Cosentino, disponendo di questo potere, non avrebbe potuto sopportare un candidato non suo.
Ma qualunque sarà  il risultato dei ballottaggi la sensazione è che si stia rompendo quella che per il potere è sempre stata garanzia di sopravvivenza, proliferazione e continuità : la distanza tra i cittadini e la politica. Se la politica cessa di essere una dimensione a cui ci si avvicina solo per ricevere favori, la dinamica di persuasione o di acquisto del voto diviene più complicata, svenderlo diventa più difficile. Sta tramontando una fase, quella che ha visto Nicola Cosentino protagonista assoluto della politica campana in coabitazione con Bassolino, quella in cui l’unico colore che conta in politica è il colore del denaro. Sta tramontando la fase delle logiche emergenziali. Deve cominciarne un’altra che non sia in continuità  con le amministrazioni precedenti. Lettieri ha recentemente annunciato che avrebbe chiesto una legge speciale per Napoli, e pieni poteri. Quindi ancora emergenza, ancora gestione straordinaria dei rifiuti e di un’intera città  che deve, che vuole e soprattutto che può uscire dall’emergenza. Di contro, la parola d’ordine più significativa della campagna elettorale di de Magistris è il ritorno alla gestione ordinaria, sui rifiuti principalmente, ma non solo. E di questo cambiamento la città  ha bisogno. L’ordinario ora per Napoli è la vera rivoluzione. Finire con il saccheggio dell’emergenza infinita.
Ci sono poi diversi messaggi inquietanti, come il «Manifesto della sinistra per Lettieri» firmato da venti esponenti vicini alla giunta bassoliniana tra cui anche l’ex assessore della giunta Bassolino Antonio Napoli. Questi dirigenti napoletani di area Pd che si sono dati appuntamento all’Hotel Vesuvio, nel loro documento dichiarano: «Lettieri è la novità  che ci vuole». Molte voci, fra cui anche quella di Raffaele Cantone, hanno bollato quel manifesto come trasformismo. Vale a dire che l’appoggio a Lettieri o le dichiarazioni di astensione sono piuttosto un tentativo di riposizionarsi in continuità  con la politica di prebende concessa in passato da Bassolino. Perché senza un cappello politico in terra napoletana non esisti, non lavori.
Sono convinto che il destino elettorale di questo paese si stia determinando nel ballottaggio di Napoli, forse addirittura più che a Milano. So che può sembrare retorica meridionalista, ma l’inquinamento del sistema politico-economico e spesso criminale a Sud ha, e ha avuto, conseguenze sull’intero paese. Il voto di scambio è un rischio enorme e la vicenda delle primarie infiltrate è il più drammatico dei precedenti. Spero davvero che questo cambiamento possa segnare anche la fine del sistema che ha governato Napoli nell’ultimo decennio, un sistema fatto di prebende, consulenze, progetti culturali sempre più orientati non sui reali problemi, ma al mantenimento di una rete di consensi. Vale anche per il settore rifiuti, dove i gruppi bassoliniani hanno fatto incetta di voti e clientele.
Riuscire a mettere da parte questa classe dirigente questo ingranaggio ventennale, che è giusto paghi per i suoi errori, non sarà  compito da poco per De Magistris. Ma ora tocca a lui. La spazzatura c’è di nuovo e i suoi miasmi siglano un fallimento definitivo, in grado di svelare le tante menzogne spacciate come successi. Affidarsi a Lettieri, il protetto dell’«uomo che risolve», sarebbe come un suggello della disfatta. In un’intervista Nicola Cosentino, chiamandomi in causa, dichiarava che si sarebbe vendicato di chi l’ha pugnalato alle spalle in questi anni. Ma le mie parole e quelle di tutti coloro che hanno raccontato l’intreccio tra politica, camorra e imprenditoria criminale in Italia non sono mai state pronunciate «alle spalle», (non sono come la macchina del fango che lo stesso Cosentino avrebbe invece alimentato), ma al contrario si sono espresse apertamente, alla luce del sole. Per questo so di non essere l’unico a guardare alle prossime elezioni con grande apprensione e altrettanta speranza. Apprensione che la Campania possa finire stritolata ancora una volta dalla vittoria della linea Cosentino a Napoli. Speranza che possa iniziare un nuovo corso con la costanza, la fermezza, e soprattutto la vigilanza dei cittadini per non diventare un medioevo come è accaduto al «rinascimento napoletano».
Napoli viene dal greco e significa «città  nuova». Mai come ora occorre che per diventarlo, per diventare una città  nuova, ritrovi il senso originario della parola polis, luogo in cui tutti gli abitanti «liberi» partecipano attivamente alla vita politica, luogo in cui per tutti i cittadini «liberi» valgono le stesse norme di diritto. Questo il sogno greco della cosa pubblica. Oggi spero che a Napoli sia un sogno possibile, realizzato da cittadini che dimostrano, invece, di “avere testa”.


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