Se la scuola diventa un campeggio un istituto su quattro aperto per ferie

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E ai Comuni, con i loro bilanci sempre più zoppicanti, non resta che fare da supplenti nel modo più economico possibile: una scuola su quattro resta aperta, dalle materne alle medie, consentendo così a madri e padri in affanno di continuare fino a fine luglio nella solita routine. Negli ultimi due anni, la richiesta di campi estivi, cioè di un servizio di parcheggio garantito e possibilmente qualificato, è aumentata un po’ ovunque in Italia: +10% a Torino e Milano, +5% a Bolzano (dove le attività  estive si svolgono soprattutto all’aperto e vantano una lunga tradizione), +15% a Roma e Napoli. Il personale arriva da cooperative e associazioni, perlopiù del mondo cattolico, e il servizio ormai dura fino alla fine di luglio, e in alcuni casi riprende nei primi giorni di settembre. Ma è giusto far restare bambini e ragazzini tra le mura scolastiche quasi due mesi di più? «La domanda andrebbe posta in un altro modo, e cioè: dove sarebbero altrimenti quei bambini? Soli a casa davanti alla tv, parcheggiati in centri privati non necessariamente migliori, affidati a vicini e parenti? Meglio a scuola, nei parchi e nei musei cittadini, con personale comunque già  utilizzato in questo genere di attività », dice Aldo Fortunati, direttore della ricerca dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, l’osservatorio nazionale più autorevole in materia di servizi per l’infanzia. Che aggiunge: «Se le scuole materne e quelle elementari non restassero aperte sotto forma di centri estivi, si verificherebbe il paradosso che mentre i nidi per la fascia 0-3 anni funzionano, i bimbi più grandi dovrebbero restare a casa». 

Riaprono e tornano a funzionare, sempre con personale esterno, anche le vecchie colonie marine e montane che negli anni scorsi le amministrazioni delle grandi città  volevano vendere: in Liguria e in Emilia Romagna per i bimbi milanesi, a Loano per i torinesi, direttamente sui lidi urbani a Napoli, dove il centro Marechiaro offre turni anche in agosto. I dati sul turismo, del resto, dicono che le famiglie tagliano sulle vacanze ma cercano di salvaguardare quelle dei figli: tre giovanissimi italiani su quattro, tra 0 e 15 anni, ne fanno almeno due settimane, uno su sei passa un periodo lontano da casa con persone diverse da papà  e mamma. E per molti il campo estivo è la prima occasione per sperimentare la prima notte fuori casa: anche chi resta in città  può farlo, come avverrà  a Torino da quest’anno, o a Roma al Museo dei Bambini. Per altri bambini, invece, l’estate trascorsa a scuola è un’occasione per approfondire una materia di studio, come a Bologna, dove si organizzano lezioni d’inglese.
Almeno per un mese, comunque, è meglio tenersi alla larga da tutto ciò che assomiglia alla scuola. «Stare con altri bambini in un servizio qualificato non deve essere soltanto un parcheggio ma un ponte tra la famiglia e il mondo – dice Alessandra Arace, professore associato di Psicologia dello sviluppo all’Università  di Torino – Poi però bisogna lasciare ai più piccoli anche uno spazio libero, dove giocare e magari annoiarsi e, per un po’, sperimentare la solitudine». Attenzione anche alla qualità  degli spazi. «Troppe scuole italiane – ha denunciato ieri a Roma Maria Grazia Sapia, responsabile dell’ambiente per la Società  italiana di Pediatria – sono mal costruite, male illuminate e prive di spazi all’aperto».


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