Siria, vescovi di regime

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La Chiesa cattolica in Siria, attraverso le sue varie denominazioni, sta con Bashar al Assad, leader, dicono, che ha fatto progredire il Paese e garantito la libertà  religiosa. Di sicuro ha permesso alle comunità  cristiane una certa tranquillità  e benessere. E non bastano le notizie incalzanti di torture, spari sulla folla, azioni repressive contro i dimostranti, a far cambiare idea ai vescovi siriani. Tanto che il Patriarca di Damasco Greogrios III,  capo della Chiesa melchita greco-cattolica, ha inviato nei giorni scorsi una lettera ai capi di governo dell’Occidente per invitarli “a non incoraggiare incondizionatamente le rivoluzioni nel mondo arabo” in quanto “i nostri Paesi non sono pronti per la democrazia di tipo europeo” . Piuttosto che riforme, ha spiegato, arriveranno “violenze e instabilità  se i regimi verranno rovesciati” , per questo bisogna procedere con cambiamenti progressivi, e soprattutto è necessario che la dinastia Assad rimanga la potere.

Nella posizione espressa da Gregorios III, si leggono allarmi e timori. La paura è che le tutele e i privilegi di cui ha goduto la Chiesa in Siria, vengano meno con un cambiamento di regime. E del resto la significativa minoranza cristiana, e quella cattolica in modo particolare, fondava in parte la propria sicurezza sul fatto che un’altra minoranza, quella alawuita cui appartiene Assad in contrasto con la maggioranza sunnita del Paese, manteneva le redini del comando; insomma un accordo fra gruppi etnici e religiosi minoritari, era alla base di una convivenza per altro saldata dall’assolutismo del regime. Di scuro lo schema funzionava perfettamente per i vertici ecclesiali che, non a caso, in queste settimane stanno condannando la rivolta. Tuttavia fra le chiese della regione si è ormai aperta una frattura: in Tunisia, Egitto, Marocco, infatti, i vescovi cattolici e copto-cattolici, con prudenza ma anche con entusiasmo, si sono schierati per il cambiamento, hanno appoggiato in particolare le rivendicazioni dei giovani e visto, nei fatti recenti, una chance di libertà .  D’altro canto, in diverse realtà , i cristiani hanno preso parte alle proteste.

Gregorios III comunque non ha dubbi: la situazione, spiega, “è già  peggiorata, ci sono rapine, criminalità  insicurezza”. “I cristiani  – ha aggiunto  – saranno le prime vittime di queste rivoluzioni, specialmente in Siria. Una nuova ondata di emigrazione seguirà  immediatamente”. Lo spettro è quello iracheno: l’emigrazione di massa dopo la caduta di un regime, quello di Saddam, nel quale i cristiani godevano di una certa protezione. Tuttavia lo scenario di queste settimane è soprattutto quello della repressione, eppure, spiega il patriarca, è sbagliato invocare il rovesciamento di Assad, anche perché “per quanto riguarda le riforme politiche, dobbiamo ricordare che nel Medio oriente arabo, oltre al Libano, non vi sono democrazie. Ci sono partiti, elezioni, ma i governi cercano di controllare tutta la società . E questo in tante situazioni è anche necessario”.

Più sorprendenti ancora, sono state le dichiarazioni del vescovo caldeo di Aleppo, il gesuita Antoine Audo. Secondo quest’ultimo  “la polizia è entrata in azione unicamente per difendersi, non mossa dall’intento di attaccare o uccidere persone. Possiamo affermarlo con obiettività ”; per settimane, infatti, le forze di sicurezza hanno sopportato “l’assassinio di poliziotti e soldati e l’aggressione a istituzioni ufficiali”. In quanto ad Assad “resterà  in sella, è un uomo molto amato, giovane e istruito, che lavora nell’interesse della Siria”. Infine, sottolinea Audo, “quelli che manifestano vengono da fuori. Sono prezzolati e asserviti a interessi stranieri”. Stessi sospetti avanzati dal patriarca melchita; dai leader cattolici viene poi evocata l’ombra dei Fratelli musulmani. E però lo stesso Gregorios III ha rilevato come gruppi di musulmani abbiano difeso le chiese nei gironi delle proteste. “Finora  – ha spiegato  – le rivolte non hanno avuto nessun carattere confessionale, di conflitto islamo-cristiano”.


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