Il movimento invisibile che rende visibile il cambiamento del Paese

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Grande è il disordine sotto il nostro cielo. Due mesi di consultazioni – elezioni amministrative e referendum – hanno rivelato un cambiamento profondo nel clima d’opinione. Ma non è ancora chiaro come e perché sia avvenuto. I dati dell’Atlante Politico, raccolti da Demos nel sondaggio condotto nei giorni scorsi, offrono al proposito molte indicazioni. Utili a decifrare i motori della svolta elettorale – e politica – di questa fase. 
1. La prima causa è la delusione. Nei confronti del governo, di Berlusconi, ma anche della Lega. Il giudizio sul governo non è mai stato così negativo, da quando è in carica. Come, d’altronde, quello su Berlusconi. Apprezzato dal 26% degli elettori. Quasi 10 punti in meno rispetto a sei mesi fa. Perfino Bossi lo supera, seppur di poco. Tuttavia, i suoi elettori sono insoddisfatti. Tanto che, tra i motivi della partecipazione al referendum, i leghisti indicano la volontà  di “punire il (loro) governo” in misura maggiore rispetto a tutti gli altri elettorati (43%; 10 punti in più della media generale). D’altronde, non è un caso che il leader più apprezzato sia Tremonti. Cioè: l’alternativa a Berlusconi. 
2. La “delusione” verso il governo si riflette negli orientamenti elettorali. Il Pdl, infatti, è superato dal PD. In generale, peraltro, il vantaggio dei partiti di Centrosinistra su quelli della Maggioranza supera ormai i 7 punti. D’altronde, Bossi l’ha detto chiaramente, a Pontida. Se si votasse oggi, la Sinistra vincerebbe. Per cui conviene “resistere”. Asserragliati nel Palazzo. 
3. Tuttavia, il cambiamento del clima d’opinione ha altre ragioni, oltre la delusione. Anzitutto, la voglia di partecipazione, che ha spinto quasi il 60% degli elettori a votare, in occasione del referendum. Nonostante l’indifferenza o l’ostilità  dei partiti di maggioranza. Nonostante il silenzio di MediaRai. O forse proprio per questo. D’altra parte, ha votato oltre un quarto degli elettori del PdL, ma quasi metà  (il 42%, per la precisione) di quelli della Lega. Un orientamento favorito dall’emergere di nuove domande e nuovi valori. Il quesito relativo al “legittimo impedimento” risulta, infatti, il meno importante, secondo l’opinione degli elettori. Scelto dal 13% dei votanti (intervistati da Demos). Molto più larga la componente di quanti attribuiscono maggiore significato ai quesiti sul “nucleare” e sulla “privatizzazione dell’acqua”. Segno che la mobilitazione ha intercettato sentimenti che vanno ben oltre l’antiberlusconismo. C’era nell’aria una domanda di valori (e anche “timori”) diversi da quelli propagati dal “pensiero unico” del nostro tempo. Il referendum ha fornito loro l’occasione di “rivelarsi” ed esprimersi.
4. Tuttavia, il clima d’opinione non cambia da solo. Non bastano la “delusione” e le “nuove paure” – relative all’ambiente, alla salute, al lavoro – a modificarlo. Ci vogliono nuovi “attori”, in grado di ri-scrivere l’agenda pubblica. Imponendo all’attenzione dei cittadini nuovi temi.
Ciò è avvenuto in occasione del referendum – e prima delle amministrative. In questo esatto momento è avvenuta la “scoperta del movimento”. Formula semplice e un po’ semplificatoria, attraverso cui si è cercato di definire la mobilitazione sociale – inattesa – alle amministrative e ai referendum. In effetti, non di “un” movimento, si tratta. Ma di una molteplicità  di esperienze: diverse, diffuse e articolate. Nella società  e sul territorio. Hanno agito e scavato per – e da – molto tempo, in modo carsico. Oltrepassando l’area tradizionalmente “impegnata”, prevalentemente composta da uomini, di età  matura. I dati dell’Atlante politico di Demos tratteggiano, al proposito, una radiografia piuttosto precisa e chiara. Diversa dalla tradizione. Proviamo a ricostruirla, risalendo (o ri-scendendo), un ramo dopo l’altro, “l’albero della partecipazione”.
a) Se il 57% degli elettori italiani ha votato al referendum, il 16% ha fatto campagna elettorale. Oltre un quarto dei votanti. Tanti, se si pensa agli stereotipi che vorrebbero la società  amorfa e conformista. 
b) In secondo luogo: quasi il 60% di chi ha partecipato alla campagna elettorale (il 9% dell’elettorato) non l’aveva mai fatto prima. Si tratta di una partecipazione “nuova”, caratterizzata da componenti sociali tradizionalmente periferiche, rispetto all’impegno politico. In primo luogo e in particolare, le donne e i giovani. Un terzo dei “nuovi” impegnati, infatti, ha meno di trent’anni. Una misura doppia rispetto a quel che si osserva nell’ambito degli impegnati di “lungo corso”. Parallelamente, nell’area della “nuova” partecipazione appare molto ampio il contributo degli studenti – ma anche degli operai. La partecipazione “tradizionale”, invece, è ancora animata da pensionati e impiegati pubblici.
c) Quanto alle modalità  e ai canali di partecipazione, solo il 18% circa delle persone impegnate in campagna elettorale ha adottato modelli di “militanza” esclusivamente tradizionali. Partecipando a comizi, manifestazioni, distribuendo volantini, ecc. 
Metà  di coloro che si sono impegnati nel referendum, invece, ha praticato una sorta di “campagna leggera”. Realizzata attraverso contatti personali. Con amici, genitori, nonni, zii, cugini. Parenti e conoscenti. Infine, la rimanente parte dei cittadini impegnati (circa un terzo) ha seguito un modello “reticolare”. Ha, cioè, utilizzato le nuove tecnologie della comunicazione e in particolare la Rete. 
Si tratta di due modelli altrettanto importanti. Il primo perché penetra nelle pieghe della vita quotidiana. Plasma il senso comune. Coinvolge persone altrimenti escluse dai messaggi politici. L’altro modello, invece, sfida la – e si sottrae alla – comunicazione tradizionale. In particolare, al/la televisione e a/i suoi padroni. Pubblici e privati. 
Entrambe queste modalità  di partecipazione, peraltro, sono poco visibili. E per questo non sono state colte per tempo. 
I “nuovi” protagonisti dell’impegno politico – donne, giovani e studenti – si sono caratterizzati per un elevatissimo utilizzo del modello “reticolare”. 
5. Quelli che hanno votato al referendum, quelli che si sono impegnati per militanza consolidata o per la prima volta. Hanno un orientamento politico trasversale. Prevalentemente di Centrosinistra. Ma molti di essi sono di Centro e di Destra. Oppure incerti e disillusi. Canalizzarne il consenso: non sarà  facile per nessuno. Non può venire dato per scontato da nessuno. Neppure nel Centrosinistra. Dove si sono già  accese le liti e le dispute – partigiane e personali. Per contendere il “nuovo” clima d’opinione. Per intercettare le molecole della “nuova” partecipazione. Largamente inattesa e invisibile. Anche a Centrosinistra

 


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