La Camusso ha già  firmato

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ROMA – Il Direttivo nazionale della Cgil stava ancora discutendo sulla base della relazione presentata dal segretario generale, Susanna Camusso, quando una nota del Lingotto ha fatto squillare la campanella: «La Fiat auspica che le trattative in corso tra Confindustria e sindacati possano portare ad un accordo che, garantendo un sistema di relazioni industriali più coerente con le esigenze della competizione mondiale, assicuri la piena operatività  delle intese già  raggiunte per gli stabilimenti di Pomigliano d’Arco, Mirafiori e Grugliasco».

La traduzione è semplice: sbrigatevi, vertice della Cgil, a firmare l’«avviso comune» che Confindustria, Cisl e Uil vi hanno proposto, così siamo certi che gli accordi capestro fin qui fatti ingoiare ai lavoratori sotto ricatto non possano essere annullati da una sentenza del tribunale di Torino; quella sul ricorso presentato dalla Fiom contro il «modello Pomigliano», a cominciare dalla truffa della newco. Una scortesia, a prima vista, Ma anche un modo di chiarire la posta politica in gioco: quell’«avviso» serve a far fuori i metalmeccanici della Cgil, ovvero la Fiom, dalle fabbriche.
Possibile che la Cgil si presti a questo gioco? Giudicate voi. Ieri pomeriggio la Camusso ha fatto una relazione in cui i contenuti dell’«avviso» sono rimasti ampiamente secretati. Una procedura che non ha precedenti, nella Cgil. In pratica ha chiesto un «mandato a chiudere la discussione e firmare l’accordo», non a proseguire una trattativa. Tutto sulla fiducia. Un’organizzazione di 5,7 milioni di iscritti costretta a dire sì oppure a mettere in discussione il segretario e gli equilibri interni. Scegliete voi l’analogia migliore, ma il «metodo» sembra clonato dai vertici del Lingotto.
La platea di dirigenti non aveva del resto bisogno di grandi informazioni supplementari per capire quale piatto era stato cucinato nelle stanze di via dell’Astronomia, venerdì scorso. Sono intervenuti gli oppositori noti – i membri dell’area «La Cgil che vogliamo» e naturalmente il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini – per pronunciare il proprio secco «no» a un metodo, prima ancora che ad un contenuto «segreto». Così come hanno parlato, a favore, i fedelissimi del segretario. Hanno taciuto molti dei non schierati o dei critici, vuoi perché sorpresi dalla disinvoltura procedurale, oppure perché convinti che comunque possano sopravvivere spazi perché un simile «accordo» non abbia tutti gli effetti letali per cui è stato elaborato. Fino a tarda serata non si riusciva nemmeno a capire se ci sarebbe stato o no un voto finale. A quel punto la minoranza interna ha preparato un documento per ricordare che «il nostro mandato a firmare non c’è».
Quel poco di «merito» che è trapelato non lascia dubbi. Sull’«esigibilità » dei contratti, dopo ogni firma, ci sarebbe «una tregua sugli scioperi proclamata dalle organizzazioni sindacali firmatarie», comprese ovviamente le «sanzioni» per coloro che «non rispettano tale tregua». Come aveva preteso Fiat per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Non è chiaro se le «sanzioni» siano previste solo per i sindacati oppure anche per i singoli lavoratori (sarebbe violata la Costituzione).
Tombale invece il punto sulla «validazione dei contratti» e sulla «rappresentanza sindacale» a livello aziendale. L’unica cosa certa è che – laddove sono presenti le Rsu (vedi riquadro sotto) – basterà  il 50% più uno dei delegati per dare l’ok, senza consultare i lavoratori. Dove ci sono le Rsa, invece, in caso di dissenso voteranno i lavoratori. Cgil, Cisl e Uil si impegnano a trovare un «accordo interconfederale» per definire meglio le regole in materia. Ma alla Fiom non basterà  nemmeno avere il 99% dei consensi in un’azienda per poter gestire in pace i rapporti con l’impresa. Basterà  infatti anche un solo iscritto a Cisl o Uil perché questi possa rifiutare la Rsu e promuovere l’Rsa. Un modo per far «entrare» di forza i «complici» (li ha chiamati così Sacconi, ricordiamo sempre) anche nelle relazioni aziendali di stabilimenti in cui non hanno i numeri per contare un tubo. O meglio: per togliere qualunque strumento di contrasto «legale» a chi è contrario a un accordo negativo.


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