La farsa normanna e i maghi falliti

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L’apparente happening (ogni particolare era studiato) stride persino nel repertorio berlusconiano, dove l’assurdo, immorale, fraudolento, grottesco, tocca livelli appena sfiorati dal carnevale fascista. Abbiamo sotto gli occhi i gesti d’uno che non sapendo più dove battere la testa, grida dal balcone: è l’atmosfera del Bunker sotto la Cancelleria nel tardo aprile 1945; ma fallito il tentativo d’inabissamento collettivo (voleva portarsi nella tomba la Germania: «i tedeschi non mi meritano»), Adolf Hitler vive l’ultimo atto in serietà  nibelungica, allestendosi un funerale, mentre costui recita sinistre parti buffonesche. Secondo rilievo: dev’essergli svanito ogni rudimento razionale, visto che simili spettacoli possono solo nuocergli; i visi erano eloquenti. Segue un corollario: chi smania così non ha motivi inibitori (la cosiddetta riforma della giustizia dà  un’idea dei disegni in pectore); e il penchant catastrofico, velleitario quando i molesti sofferenti siano poveri diavoli, nella fattispecie diventa pericolo attuale. L’affossatore guida il governo, padrone d’una maggioranza venale, stregone del plagio televisivo, ricco a dismisura: sappiamo come lo sia diventato, e lo è in quantità  tale da convincerlo d’essere onnipotente; sinora ha condotto le partite comprando anime o meglio, mani, piedi, organi genitali, ugole. Che macchina da guerra schieri, lo vediamo negli adepti, fieramente arroccati (strenua autodifesa: via lui, chi li imbarca?): apparse le squallide immagini da Deauville, i pretoriani acclamano; cuore in mano, il ministro degli esteri canta i dolori dell’oppresso da «200 processi in 17 anni». Niente l’obbligava a giocarsi la testa nelle elezioni comunali: s’è buttato credendosi irresistibile; ha subito un manrovescio; furibondo, moltiplica la posta. Vinca o perda, resterà  al governo devastando i quadri costituzionali per salvarsi, tanto più nel caso d’uno scacco elettorale dall’intuibile significato politico. L’ha detto e, dopo tanta nonchalance lassista, non pigliamolo sotto gamba.
La pantomima normanna era datata 27 maggio. Da allora gli piove addosso: a Milano, Napoli e altrove incassa funeste sconfitte elettorali; la Cassazione ammette il referendum sul nucleare (tentava d’eluderlo truccando i dati legislativi); il suo ricorso alla Consulta è respinto con voto unanime; per blandire i leghisti inquieti, ventilava tagli delle imposte e il ministro dell’economia, confortato dall’Unione Europea, li nega perché i conti sono d’un rosso calamitoso; Palazzo Madama fulmina l’emendamento che investe della guerra ai corruttori un comitato diretto dal presidente del consiglio (il lupo custodisce l’ovile). Sembrano favole d’Esopo, Fedro o La Fontaine ma è cronaca politica italiana. Acqua alla gola, sonda il terreno: vuol ancora tagliarsi la prescrizione, affinché svanisca uno dei suoi processi, più 15 mila d’altri fortunati; glielo concedano; è l’ultimo favore; poi starà  tranquillo. Infine, incombono i referendum, uno dei quali complicherebbe la fuga dalle aule giudiziarie: contava sull’apatia pubblica; invita a disertare le urne e gli risponde un voto straripante, politicamente mortale se gli oppositori adempiono la loro parte. Mago fallito, come Alcina in Haendel, ammette sotto voce la défaillance: «ombre pallide, lo so, mi udite;/ d’intorno errate,/ e vi celate, sorde da me; perché? perché?» (Atto II, Scena III). Ma lo sappiamo pirata d’enormi risorse: comanda masnade pronte a tutto; e già  una volta s’era risuscitato trescando con avversari politicanti tatticisti.
Veniamo alla lezione storica. Nella Germania 1938 comanda Hitler: l’unico possibile contropotere era l’esercito, addomesticato dalla crisi d’inverno; l’annessione dell’Austria è un trionfo, ma la brutale rivendicazione dei Sudeti innesca una congiura perché l’attacco alla Cecoslovacchia, garantita da Inghilterra e Francia, significherebbe guerra europea, quindi disfatta tedesca; l’argomento taglia corto; i cospiratori legalitari prevedono l’arresto del mentecatto e che lo dichiari tale un collegio psichiatrico presieduto dal cattedratico berlinese Karl Bonhoeffer (padre del teologo luterano Dietrich, impiccato in extremis, 9 aprile 1945). La macchina era pronta quando Neville Chamberlain, vecchio premier inglese, viene in cerca d’accordo, 15 settembre (vorrebbe un Reich cane da guardia del capitalismo contro l’Urss). Qui cade il presupposto del complotto, riemerso sette giorni dopo: l’assatanato cambiava le carte in tavola alzando le pretese; e sarebbe la volta buona se nel convegno indetto a Monaco su proposta dell’eterodiretto Mussolini, gl’imbelli Chamberlain e Edouard Daladier non vendessero la Cecoslovacchia, 30 settembre. L’occasione persa costa i 45 milioni morti nella seconda guerra mondiale. Re Lanterna, bagalùn del là¼ster, non è Hitler né sono in vista ecatombi umane, ma lasciandolo in sella, questo povero paese pagherebbe troppo, su scala genetica. Ripetiamolo: nella sciaguratissima congiuntura italiana “destra” e “sinistra” sono parole vuote; l’essenziale è ristabilire i requisiti elementari d’una fisiologia politica rimuovendo l’affarista Leviathan col suo lugubre vaudeville.

 


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