Matrimoni omosex, a New York ora si può

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NEW YORK – Dall’interno della Camera del Senato ad Albany, dove un folto pubblico si era raccolto in attesa del voto, al Greenwich Village di Manhattan, dove una folla vastissima ha occupato Christopher Street e dintorni in corrispondenza del leggendario bar «Stonewall Inn», luogo geografico e simbolico della nascita – oltre quaranta anni fa – del movimento per i diritti gay, la città  e lo stato di New York sono esplosi in una celebrazione generale. 
Entro trenta giorni, quando entrerà  in vigore la legge approvata nella notte di venerdì, anche gli omosessuali di New York potranno sposarsi. Tra urla, abbracci, brindisi a base di birra e champagne, e un frenetico agitarsi di telefonini e palmari con cui celebrare anche virtualmente la notizia, qualcuno intanto annunciava il fidanzamento, mentre le luci dell’Empire State Building sfoggiavano i colori dell’arcobaleno.
Unica dichiaratamente gay tra i principali conduttori di Tg, la telegiornalista di Msnbc Rachel Maddow è apparsa in una fascia oraria diversa da quella del suo programma quotidiano, per seguire e commentare in diretta la svolta. 
Dopo Massachusetts, Vermont, New Hampshire, Iowa e il distretto di Columbia (la città  di Washington), New York è il sesto stato dell’Unione a legalizzare le nozze tra gay, ma essendo uno dei più popolosi, a partire da venerdì notte ,il numero di omosessuali americani che avranno accesso al matrimonio è di fatto raddoppiato. 
Cuore profondo della battaglia per i diritti gay, combattuta anche a botte con la polizia, in celebririot scoppiati proprio di fronte al muro di mattoni rossi dello «Stonewall Inn», New York aggiunge una pedina fondamentale al processo di legalizzazione e di allargamento dei diritti alla comunità  omosessuale. Oggi a New York si svolgerà  la parata annuale del gay pride, che ovviamente sarà  una grandissima festa per la vittoria ottenuta.
Quanto era stata bruciante la sconfitta in California (dove i matrimoni gay sono stati resi illegali nel 2008, dopo un combattuto referendum), tanto è importante il successo newyorkese. Non solo dal punto di vista simbolico: fortemente voluta dal governatore dello stato Andrew Cuomo (cattolico, pragmatico, riservato e per nulla passionario), che ha firmato l’entrata in vigore immediatamente dopo il voto al Senato, la legge è passata – 33 voti contro 29 – grazie alla defezione di ben quattro senatori repubblicani dalla parte del sì. Solo due anni fa, con un senato a leadership democratica (adesso è repubblicana) la stessa iniziativa era stata brutalmente sconfitta. 
Fino al momento del voto, anche questa volta nessuno era matematicamente sicuro…ma i segni di un’inversione di tendenza si erano fatti notare da qualche mese. In maggio, un sondaggio d’opinione della Gallup aveva riscontrato per la prima volta che la maggioranza degli americani era a favore della legalizzazione delle nozze gay – con la percentuale degli elettori indipendenti passata dal 49% al 59% nel giro dell’ultimo anno. Nello stato di New York, anche il 59% dei cattolici e dei membri del sindacato si dichiaravano a favore. E l’appoggio di testimonial importanti del partito repubblicano, come Megan McCain e Laura Bush, aveva contribuito a sfumare la divisione tra i pro e i contro sulla base ferrea delle line di partito. 
Anche la coalizione che, dietro le quinte, ha portato al risultato di venerdì notte potrebbe diventare un modello per altri stati dove sono in gioco proposte di legge analoghe: il sindaco indipendente Michael Bloomberg, un pool di repubblicani facoltosi, persino un giocatore dei New York Rangers sono stati sponsor visibilissimi dell’iniziativa – portatori di un messaggio secondo cui il matrimonio era una questione di diritti civili, non di diritti gay. È un mantra che sembra avere funzionato.
Sarebbe stata proprio la riflessione sui diritti civili a far cambiare idea a Mark Grisanti, senatore cattolico e repubblicano della cittadina blue collar, e depressa, di Buffalo, eletto l’autunno scorso e da sempre un oppositore delle nozze gay: «Mi scuso con coloro che rimarranno offesi dalla mia decisione. Ma non me la sento di negare gli stessi diritti miei e di mia moglie ai contribuenti, ai cittadini, ai lavoratori che mi hanno eletto e a tutta le gente che rende grande questo stato» ha dichiarato Grisanti spiegando il suo improvviso passaggio dalla parte del sì. L’approvazione della legge è stato un test anche per Andrew Cuomo, governatore un po’ indecifrabile, cui mancano il carisma, il fuoco e la vocazione oratoria di suo padre, ma che si sta dimostrando piuttosto efficace alle redini degli intricati corridoi politici di Albany. 
Nell’entusiasmo generale non c’è l’endorsement ufficiale di Barack Obama. Il presidente Usa si è sempre detto favorevole alla parità  dei diritti delle coppie gay, ma non al matrimonio. Un paio di settimane fa, voci anonime dall’interno delle Casa Bianca, suggerivano che la sua opinione sul tema stava «evolvendosi». Giovedì sera, mentre Albany era in piena trattativa politica, Obama ha presenziato a un fundrising organizzato da gruppi gay a Manhattan. Ma sul matrimonio non ha detto nulla.


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