Plastiche vegetali, ricerca e biomasse così a Porto Torres rinasce la chimica

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CAGLIARI – Non ha la spensieratezza di quella degli anni Sessanta e non ha un faccione gioioso che la diffonde, come quello di Gino Bramieri col suo mitico “E mò e mò e mò… Moplen”, il tormentone di Carosello che annunciava agli italiani l’arrivo a casa della plastica, una parola semplice che ne nascondeva una quasi impronunciabile: polipropilene isotattico; la straordinaria invenzione che valse nel 1963 all’accademico ligure Giulio Natta il premio Nobel per la chimica e alla Montecatini, che la mise in commercio sotto forma di utensileria domestica, un successo incredibile sfociato tre anni più tardi nella nascita di Montedison.
La nuova rivoluzione della chimica italiana arriva questa volta senza clamori, quasi in sordina, con tanti timori, moltissime speranze e decenni di fallimenti, disastri sociali, scandali giudiziari alle spalle. La chiamano “verde” e ha l’ambizioso obiettivo di restituire all’Italia un primato industriale perso dagli anni Settanta. L’esordio ufficiale è avvenuto pochi giorni fa a Palazzo Chigi in un coro di consensi raro di questi tempi. Una joint venture tra Polimeri Europa di Eni e Novamont realizzerà  il primo polo chimico con materie prime rinnovabili. Novamont porterà  nella nuova società  tecnologia per la realizzazione e gestione degli impianti; l’Eni infrastrutture e personale qualificato. Il tutto per un investimento di un miliardo e 200 milioni. La scelta del sito è caduta su Porto Torres, un luogo emblematico della storia della chimica italiana. Costruito negli anni Sessanta dalla Sir di Nino Rovelli con gran parte dei finanziamenti del primo Piano di rinascita della Sardegna. Un grande regno diventato poi impero con l’acquisizione della Rumianca nell’area industriale di Cagliari, il controllo della politica e dell’informazione isolana. Ma forse più che un impero una grande bolla, esplosa nel 1982 e vaporizzata solo 25 anni più tardi con la condanna dell’ex ministro Cesare Previti per la corruzione dei giudici a favore di un maxi risarcimento di circa mille miliardi delle vecchie lire alla famiglia Rovelli. Col passaggio all’Enichem il lento declino. Ora Porto Torres fa i conti con un ambiente devastato e la disperazione della disoccupazione. E’ qui che la chimica italiana tenterà  l’inversione di tendenza dando vita al più grande “Polo verde” del mondo. Più che un progetto, una scommessa. In palio c’è la riconquista della leadership in un settore industriale strategico e trent’anni di crisi da dimenticare. Le sorti della missione sono affidate alla genialità  di una piccola azienda di Novara, la Novamont, nata nel 1990 dalla Montedison di Raul Gardini, acquisita poi dalla Banca commerciale italiana e dalla Investitori associati. Il suo cavallo di battaglia è un’invenzione che, come il Moplen cinquant’anni fa, può rivoluzionare il mondo della plastica. Si chiama Mater-Bi, un materiale termoplastico biodegradabile a base di amido di mais, patata, oli vegetali. Gli italiani lo stanno sperimentando già  da settimane da quando sono state messe al bando le buste di polietilene. Ma Mater-Bi non significa solo shopper o sacchetti per la differenziata. Il suo utilizzo va dalle vaschette per alimenti ai pannolini, dalle posate a piatti e bicchieri. Un mercato gigantesco che può espandersi in maniera esponenziale se si pensa che solo nell’Unione europea, secondo un calcolo della Coldiretti, potrebbe evitare ogni anno la dispersione nell’ambiente di un milione di tonnellate di plastica, evitare l’emissione di 1,5 milioni di anidride carbonica e risparmiare 700 mila tonnellate di petrolio. L’Europa ha riconosciuto il valore di questa scoperta nel 2007 consegnando a Catia Bastioli, responsabile del team di ricerca e amministratore delegato di Novamont, il premio “Inventore europeo dell’anno”. A Porto Torres, grazie alla tecnologia di Novamont si sperimenterà  per la prima volta un nuovo modello di economia di sistema che coinvolge industria, agricoltura, ambiente ed economia locale. Una “green economy” che dovrebbe ridare speranza a un territorio stremato. La produzione di bioplastiche, biolubrificanti e additivi per gomme partirà  il 2013. Per quella data dovrebbe essere già  avviata la bonifica del sito e la realizzazione della centrale elettrica da biomasse di Enipower. Il centro di ricerche sarà  il suggello finale di questa chimica di nuova frontiera.

 


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