Area Falck, coop e Serravalle così “il sistema Sesto” fa tremare i vertici del Pd

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MILANO – Il “Sistema Sesto” attraversa un periodo che va dagli anni 90 fino al 2010, quando la ex Stalingrado d’Italia – guidata dal ‘94 al 2001 dal sindaco Penati, poi presidente della Provincia – vive una delle più imponenti riqualificazioni urbane del Paese. L’inchiesta dei pm Walter Mapelli e Franca Macchia parte dalle denunce del costruttore Giuseppe Pasini e dell’imprenditore Piero Di Caterina. I due svelano un sistema di presunte tangenti, di cui Filippo Penati, anche ex segretario della federazione milanese dei Ds e fino a otto mesi fa capo della segreteria di Pierluigi Bersani, sarebbe regista e destinatario finale. Penati è indagato per corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti.
[Le tangenti per l’area Falck]
Giuseppe Pasini ricostruire 5,7 miliardi di lire serviti dal 2000, a suo dire, a sbloccare la riqualificazione dell’area Falck. «Ho pagato 4 miliardi in due tranche a Di Caterina all’estero perché così mi era stato chiesto da Penati per l’approvazione del piano regolatore di Sesto», ha messo a verbale. Penati «mi disse che avrei dovuto dare qualcosa al partito», che «l’operazione costava 20 miliardi», che «a prendere da me sarebbe venuto Di Caterina». Pasini racconta di aver trasferito sul suo conto “Pinocchio” in Lussemburgo due miliardi, poi dati a Di Caterina. Altri due miliardi li avrebbe ritirati in Svizzera. 500mila euro sarebbero poi stati consegnati a Giordano Vimercati, futuro capo di gabinetto di Penati. Un altro miliardo 250 mila euro, sarebbe mascherata nella permuta tra due terreni con Di Caterina.
[Gli obblighi verso le coop rosse]
Oltre i soldi, dice Pasini, bisognava far lavorare le coop. Pasini coinvolge Omer Degli Esposti, vicepresidente del Consorzio cooperative costruttori di Bologna, colosso delle coop rosse, indagato per concussione. Da lui sarebbe arrivato l’invito ad assegnare due consulenze da 2,4 milioni di euro totali a Francesco Agnello e Gianpaolo Salami, anche loro indagati. «Dietro le pretese delle coop c’era Penati», è convinto il costruttore. Alla Ccc esprime solidarietà  la Legacoop: «persone serie e perbene».
[I lavori gratuiti del Palasport]
Per la ristrutturazione del Palaghiaccio è indagato per concussione il sindaco di Sesto Giorgio Oldrini, ma la richiesta sarebbe arrivata proprio da Penati. Pasini avrebbe ristrutturato gratis la struttura, garantito con una fideiussione il mutuo, pagato diverse rate. Un esborso di tre miliardi di lire.
[il Contenzioso Atm]
Di Caterina, titolare della Caronte, dice ai pm di aver pagato centomila euro per avere l’appoggio di Antonino Princiotta, ex segretario generale della provincia, indagato per corruzione, nel contenzioso sui mancati incassi dalla vendita dei biglietti con Atm, che gestisce tram e bus a Milano. Una delle ultime delibere di Penati, nel 2009, sbloccò 12,8 milioni per la Caronte. Un provvedimento firmato proprio da Princiotta, bloccato dalla nuova giunta Pdl.
[Le buste piene di soldi]
Di Caterina parla di buste «sulle quali sono annotati i pagamenti in contanti a Penati e Vimercati», oltre «ad altri ma sempre su loro richiesta». Una somma, che «da fine 1997 al 2002 e qualcosa nel 2003» è «pari a due milioni 235mila euro». Di Caterina considera però parte dei soldi come prestiti, in attesa dei pagamenti di Pasini a Penati. La finta vendita di un terreno tra Bruno Binasco, gruppo Gavio, e Di Caterina serve per dare due milioni a Di Caterina per conto di Penati. «Avevo notevoli vantaggi: Penati e Vimercati mi proteggevano da Atm e mi consentivano operazioni lucrose».
[La serravalle]
L’intervento del gruppo Gavio ha spinto i pm di Monza a chiedere a Milano gli atti dell’inchiesta sulla supervalutazione da parte della Provincia del 15% della Serravalle, ceduto nel 2005 da Marcellino Gavio. Una vendita «priva di qualsiasi utilità », per la Corte dei Conti. A «un prezzo congruo» secondo i periti incaricati nel 2005 dalla procura di Milano.
[I fondi neri]
Oltre un milione di euro. 700mila nella disponibilità  di Luigi Zunino, tramite le società  di Giuseppe Grossi, per oliare la pratica sul recupero delle ex acciaierie. Altri 420mila in una società  inglese dell’architetto Marco Magni, indagato con l’assessore all’Edilizia Pasqualino Di Leva. Secondo i pm potrebbero servire per tangenti.


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