Bagarre per la stretta sulle pensioni Inps: ritocchi solo a una su quattro

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ROMA – Bagarre sulle pensioni. Scende in campo l’Inps per dare l’interpretazione autentica della manovra previdenziale: al centro dell’attenzione, in particolare, l’intervento che congela parzialmente per il triennio 2012-2014 l’indicizzazione delle pensioni e che ha sollevato le proteste di sindacati e opposizione. Per gli assegni lordi che valgono tre volte il minimo, cioè 1.428 euro, non cambierà  nulla: l’indicizzazione resta del 100 per cento e quest’anno, ad esempio, con una inflazione all’1,5 per cento la rivalutazione sarà  di 21 euro al mese. Poichè il meccanismo di indicizzazione delle pensioni è a fasce, simile agli scaglioni di reddito Irpef, anche chi ha una pensione più alta, per la parte dell’assegno sotto i 1.428 euro potrà  contare su una rivalutazione piena. Cosa succede per chi guadagna più di 1.428 euro? La parte eccedente dell’assegno previdenziale, cioè sopra i 1.428 e fino a 2.380 euro (ovvero cinque volte il minimo), che fino ad oggi veniva indicizzata al 90 per cento vedrà  ridursi l’indicizzazione al 45 per cento (ovvero sarà  dimezzata). Per una pensione di 2.000 euro il mancato aumento sarà  3,8 euro al mese. Chi invece percepisce attualmente una pensione superiore ai 2.380 euro (cinque volte il minimo) per la parte che eccede questa cifra non avrà  più l’indicizzazione (che dal 75 per cento scende a zero).
In altre parole il milione e 200 mila pensionati italiani che stanno sopra i 2.380 euro di pensione mensile avranno una indicizzazione piena fino a 1.428 euro, del 45 per cento tra i 1.429 e i 2.380 e niente oltre questa cifra. Invece i 3 milioni e 200 mila italiani che hanno una pensione tra i 1.428 e i 2.380 avranno una indicizzazione piena sotto i 1.428 euro per ogni euro che eccede questa soglia fino a quota 2.380 avranno una indicizzazione del 45 per cento. In totale dunque su 16 milioni di pensionati italiani, 4,4 milioni subiranno un doloroso raffreddamento dell’indicizzazione, mentre per 11,6 milioni resterà  tutto come prima. La stretta vale per un pensionato su quattro.
L’operazione descritta nei dettagli dall’Inps ha suscitato la rivolta dei sindacati. «Misura inaccettabile, ci mobiliteremo», ha detto la Cgil. Mentre il segretario Cisl Bonanni ha definito l’operazione «socialmente ingiusta» e ha chiesto la modifica in Parlamento. Sul piano politico Fassina del Pd ha parlato di un operazione «molto negativa per i redditi medio-bassi». E’ il leader della Lega Umberto Bossi prova a rassicurare: «Le pensioni non si toccano. Le pensioni delle donne non si toccano fin dopo il 2030».
Polemica retroattiva anche su quanto è stato fatto in passato. Ambienti del ministero del Welfare fanno sapere che nel 1995 il governo Dini realizzò un blocco generalizzato di tutte le pensioni, e che il governo Prodi nel 1997 bloccò interamente la rivalutazione delle pensioni oltre cinque volte il minimo. Replica Damiano, ministro del Lavoro, nell’ultimo governo Prodi: «Manovra inaccettabile». Ed aggiunge «Io avevo congelato solo per un anno le pensioni otto volte il minimo».


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