Il richiamo della Corte dei Conti: la lotta all’evasione è ondivaga

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ROMA — La correzione dei conti pubblici fatta dal governo Monti è stata troppo repentina e basata sulle entrate contribuendo a deprimere l’economia. Ma ora il rischio è di accelerare in modo eccessivo sulla spesa e di superare entro l’anno la barriera di Maastricht del 3%. Nell’ultimo rapporto sul coordinamento della finanza pubblica messo a punto dalla Corte dei Conti il giudizio sulle politiche economiche è cauto. E spesso, nel lungo ma interessante dossier di quasi 300 pagine, si ricorda l’alto livello di debito pubblico mentre ieri il ministero del Tesoro ha dovuto riconoscere che a maggio il fabbisogno è salito a 8,8 miliardi di euro, più del doppio del maggio 2012 (20,7 miliardi in più nei primi 5 mesi del 2013), anche se le entrate, sostiene il dicastero, sono in linea con le previsioni annuali.

Nel loro rapporto, i giudici contabili puntano il dito sull’evasione fiscale che resta a quota 140 miliardi di euro colpa anche degli strumenti non sufficienti messi in campo dagli ultimi governi. Non usa giri di parole la Corte nel definire «ondivaghe e contraddittorie» le strategie del legislatore del passato esecutivo mentre il famoso redditometro, che dovrebbe vedere in funzione le norme applicative proprio questa settimana, «non potrà ottenere i risultati» sperati. Così come la certificazione dei crediti pregressi della pubblica amministrazione «sta dando un esito fino ad ora largamente insoddisfacente».

In particolare, sui comportamenti per contrastare l’evasione fiscale, i giudici contabili osservano che c’è stato un poco proficuo avanti-indietro. Prima è stata rinforzata Equitalia, poi è stata quasi delegittimata limitando l’iscrizione di ipoteca degli immobili e la pignorabilità degli stipendi. Entrando nel dettaglio la Corte, guidata da Luigi Giampaolino, rileva come in un primo tempo «l’azione legislativa è stata orientata a rimuovere alcune delle più efficaci misure antivasione adottate nel biennio 2006-2007 (epoca Prodi-Padoa Schioppa, ndr ) come l’elenco clienti-fornitori. Poi, a partire dal 2010, «sotto l’incalzare della crisi e della difficoltà della finanza pubblica si è registrata una inversione di tendenza con ricadute negative». Il rapporto cita il caso dello spesometro, cioè l’obbligo per i soggetti Iva di comunicare telematicamente tutte le operazioni di importo superiore ai 3 mila euro, incluse quelle con i consumatori finali rischiando di creare effetti negativi sui consumi o di aumentare il ricorso al nero. La «tracciabilità», insomma, non è stata alla fine una grande idea.

Inoltre, l’azione di contrasto all’evasione sarebbe stata concentrata troppo sui grandi contribuenti e molto meno sui titolari di attività economiche di piccola e media dimensione dove «più si concentra l’evasione dell’Iva». Ora il quadro è molto complicato: non era mai successo che per due anni consecutivi (2011-2012) la spesa sia diminuita mentre la pressione fiscale è aumentata contribuendo alla crisi della crescita. Così come il tasso di riscossione (il rapporto tra il riscosso e il carico netto) è all’1,94% «molto al di sotto del minimo toccato nel 2006 quando era al 2,66%». Uno dei motivi va ricercato nella decisione di concedere dilazioni di pagamento per 21,8 miliardi di euro. «Le procedure accertative sono approssimative come avvenuto per le violazioni del codice della strada». Per Francesco Boccia, presidente Pd della commissione Bilancio della Camera «i rilievi della Corte dei Conti sui limiti degli strumenti per combattere l’evasione fiscale impongono una riflessione critica da parte del legislatore».

Roberto Bagnoli


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