Bonanni: «Dico no a sacrifici immediati senza abbattere i costi della politica»

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«Ci aspettavamo di più» , commenta. Non capita troppo spesso che il sindacalista se la prenda con l’esecutivo— e anche ora difende gli sforzi fatti dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti — ma questa volta la differenza tra l’atteggiamento severo tenuto nei confronti dei pensionati e quello decisamente cauto riservato ai partiti e alla classe politica stride troppo. «Il Parlamento dovrà  intervenire» , dice.
 Sulle pensioni o sui costi della politica? «Sulle pensioni e subito. Abbiamo apprezzato che sull’allungamento dell’età  pensionabile delle donne nel lavoro privato il governo abbia scelto, come chiedevamo, di rendere molto graduale il processo e di spostare al 2032 il raggiungimento dell’effettiva parificazione. Abbiamo anche valutato positivamente l’anticipo al 2014 dell’aggancio del meccanismo previdenziale alle aspettative di vita. Perché così si rafforza il segnale positivo ai mercati sulla stabilità  del nostro sistema. Ma certo non ci aspettavamo e non possiamo accettare il depotenziamento della rivalutazione automatica degli assegni dalle 3 alle 5 volte il minimo Inps» .
Perché, cosa in particolare non vi aspettavate? «Un intervento sulle pensioni superiori a 5 volte il minimo può anche andare. Si parla di somme sopra i 2.300 euro. Ma per le fasce inferiori no. Non si possono trattare tutte alla stessa stregua. Occorre semmai usare graduazione, differenziando i pesi. Sapendo che i più penalizzati sarebbero proprio coloro che percepiscono 3 volte il minimo, che sono 1.400 euro. Sarebbe un vero disastro intervenire su questi. Senza contare, come ho detto, l’iniquità  della misura» .
Rispetto ai tagli fatti ai costi della politica? «Non si può chiedere agli altri di fare sacrifici senza sentire la responsabilità  morale di fare la stessa cosa nei propri confronti. Per i tagli nei finanziamenti dei partiti, negli emolumenti e nel funzionamento di tutti i livelli istituzionali e amministrativi si è scelta la strada della cautela. Si prevede la costituzione di una commissione ad hoc, si rinvia alla prossima legislatura, si prende tempo. Sui pensionati, zac, si taglia subito. Non è che gli altri governi che hanno preceduto l’attuale abbiano fatto di meglio. In generale l’intervento sul costi della politica è sempre inversamente proporzionale alla pressione fatta da tutti i partiti, di destra e di sinistra. Protagonisti anche di velate minacce nei confronti dei sindacati» .
Quali minacce, a cosa si riferisce? «A chi, anche nelle scorse settimane, ha fatto cenno ai Caf o ai patronati come fossero regalie. Certo ci sono i contributi dello Stato, assieme a quelli del sindacato, ma i Caf e i patronati costano poco e funzionano bene. Sfido a trovare un cittadino che non si sia trovato bene: ottiene un servizio efficiente e viene accolto come in nessun altro posto pubblico» .
E sul fisco? La Cisl e la Uil nelle scorse settimane hanno addirittura minacciato lo sciopero se il governo non avesse fatto in tempi rapidi la riforma delle aliquote. «Abbiamo ottenuto la presentazione in Parlamento della delega fiscale. Certo bisogna definire ancora molte cose, gli scaglioni innanzitutto, ma c’è un anno di tempo e in ogni caso gli elementi centrali della riforma, le tre aliquote, sono stati fissati. Nella peggiore delle ipotesi lo sgravio per il lavoro dipendente e i pensionati sarebbe di 12 miliardi di euro e nel più favorevole di 22-23 miliardi. Siamo soddisfatti. Anche perché siamo consapevoli della gravità  della situazione complessiva» .
 È diventato pessimista? «Non mi illudo che questa manovra sia l’unica da fare. È per questo che insisto e insistiamo ora sulle pensioni. Se è vero che l’Italia dovrà  far calare il suo debito in rapporto al Pil dal 120 al 60%, rientrando di 900 miliardi nei prossimi dieci anni, ci aspetta un percorso di guerra che non tollera l’ingiustizia e l’inefficienza» .
E magari richiede anche un’unità  di intenti del sindacato. Come valuta l’accordo unitario raggiunto con la Confindustria da Cgil, Cisl e Uil? «La Cisl ha lavorato in tutti i modi per far rientrare la Cgil nel percorso unitario. E sono molto contento del risultato ottenuto. È una vera svolta perché non è importante solo il fatto che ci ricongiungiamo ma anche su cosa lo facciamo. Sulla rappresentanza, definendo anche che in caso di dissidi la maggioranza potrà  fare accordi evitando immobilismi e veti. Siamo diventati un sindacato maturo ed europeo, con regole che daranno forza e stabilità  alle relazioni industriali favorendo investimenti e sviluppo» .
E la Fiat? «Capisco la Fiat, ma non possiamo assecondare la richiesta di un accordo, quello firmato in Confindustria, generale che diventi retroattivo e particolare. E certamente non posso essere favorevole a un intervento legislativo, soprattutto in presenza di un bipolarismo politico rissoso che non dà  certezze sulle decisioni normative. E poi in materia sindacale valgono solo le intese, i contratti» .
Allora, come ne uscirete? «Come prima iniziativa propongo un incontro tra le parti sociali. La soluzione si può solo trovare attraverso un accordo che in analogia con quanto stabilito nella recente intesa, affronti e risolva il problema in casa Fiat. La prima mossa non può che essere su questo terreno» .
La Cgil sarà  d’accordo? «Lo spero. Sono fiducioso. Mi aspetto il nuovo inizio dell’attività  unitaria caratterizzato da un grande piglio riformatore» .


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