Gli insorti: “Abbiamo assaltato un hotel a Tripoli”

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Un gruppo di ribelli infiltrati a Tripoli è riuscito a dare l’assalto all’albergo dove si stavano riunendo Seif Gheddafi, il premier Baghdadi, il capo dei servizi segreti Senoussi e altri uomini del regime. Un attacco militare a colpi di proiettili di lanciagranate al Four Point Sheraton, il luogo scelto per una riunione della cupola schierata con il colonnello. Se fosse davvero vera, la notizia di questo attacco alla leadership gheddafiana offrirebbe molti segnali interessanti sull’andamento della guerra di Libia. Al momento è solo il vice-premier dei ribelli Ali Issawi a dare la notizia, sostenuto dai siti Internet della rivolta: l’attacco avrebbe ferito gravemente uno dei collaboratori di Gheddafi, Mansour Daw, una ex guardia del corpo del colonnello diventato capo dell’esercito.
Issawi ha dato la notizia durante la conferenza stampa con Franco Frattini al ministero degli Esteri: «Giovedì a Tripoli abbiamo lanciato un segnale molto forte», ha detto parlando al fianco del ministro italiano, «è stata attaccata una riunione a cui partecipavano responsabili ad alto livello del regime, fra cui Seif al-Islam, il primo ministro al-Baghdadi Al-Mahmoudi, il capo dei servizi Abdullah al-Senussi e Mansour, che è rimasto seriamente ferito».
Se fosse confermata, la notizia dell’attacco indicherebbe che i ribelli sono in grado di colpire anche a Tripoli, in un’operazione clandestina per la quale sostengono di avere avuto informazioni da uomini dello stesso regime. Da giorni i leader dei ribelli da Bengasi hanno sostenuto di essere presenti a Tripoli, ma di avere chiesto alla popolazione della capitale di rimanere in attesa, di non scendere in piazza a sfidare l’esercito di Gheddafi che nella città  è ancora troppo forte. «La verità  è che in tutta la zona occidentale del paese stiamo avanzando», ha detto al Issawi: si riferisce ai combattimenti nella Montagna Occidentale, un’area in cui le popolazioni berbere si sono da tempo ribellate al regime gheddafiano schierandosi con i ribelli.
Issawi ieri a Roma ha promesso che molto presto si potranno vedere le immagini dell’attacco allo Sheraton di Tripoli: sarebbe un segnale forte, in grado di contrastare quel sentimento quasi di rassegnazione nei confronti di Gheddafi che circola in molte capitali occidentali. Parigi lo ha detto apertamente, «Gheddafi deve rinunciare al potere, ma può rimanere in Libia» (Alain Juppé, ministro degli Esteri), e gli stessi Usa sembrano possibilisti. Ma naturalmente Gheddafi che rinuncia al potere ma rimane in Libia di fatto è quello che il leader libico è già  oggi: un capo senza nessun potere formale, senza nessun decreto o atto emesso in base a una Costituzione che non esiste. Ma nei fatti il padrone assoluto dei libici.


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